EDITORIALE
NON basta che funzioni
di Roberto Rossini (presidente provinciale ACLI)
Nei libri di storia sarà ricordato come il ventennio berlusconiano. Ne usciamo lo stesso con le ossa rotte, sul piano istituzionale, economico e culturale. Ma con la consapevolezza che l’Italia avrebbe urgente bisogno di una buona destra: seria, liberale e conservatrice. L’elettorato moderato inglese vota i conservatori, il francese i gollisti, lo statunitense i repubblicani... E in Italia? Fini ci ha tentato e ha fallito. Poteva farlo Monti: ma Scelta Civica ha preferito non fare scelte e starsene al centro. Il centrodestra attuale non difetta di persone o di validi riferimenti culturali: il problema è che certe riforme chiedono rigorosità, si pensi alle liberalizzazioni o al bilancio: ma ve la sareste immaginata Margareth Thatcher a scontare l’Imu agli inglesi?
Il M5s non stampa cartelloni, volantini e “santini”. Tanto ci pensano gli altri partiti a lavorare per loro: li evocano, li criticano, ne parlano male. E` la miglior pubblicità (e gratis). Eppure il successo del M5s ci dice che l’Italia crede ancora alla politica. Tutti pensavano a quote altissime di astenuti per disgusto verso i politici: gli italiani hanno invece protestato col voto. Meglio così: in Grecia la protesta ha generato Alba Dorata... Il successo del M5s ci dice che l’elettore italiano vuole una politica più laica e trasparente. E` dunque paradossale che il M5s sia capeggiato da un non-eletto e che – visto quanto si trova sul web (paradosso nel paradosso) – sia a sua volta manovrato da un guru come Casaleggio. Una matrioska: visibilità e opacità: non si sa quante “bambole” interne ci siano. Del M5s conosciamo il programma ma non – ed è ciò che è più conta in politica – i riferimenti culturali, che spiegano i reali obiettivi, quelli a lungo termine, il disegno di società (e di libertà) a cui si tende. Non basta dire che si vuole un Paese “che funzioni”. Il Paese ha bisogno anche di una buona sinistra, attenta ai temi del lavoro e dell’economia civile, della persona e del progresso sociale, senza astratte o ideologiche battaglie. Non basta essere anti-berlusconiani: il Pd deve “guardarsi dentro” per capire quale sia la sua vocazione in questo tempo e in questo Paese. E poi (e solo poi) produrre un immaginario convincente e coerente: a questo partito manca ancora il “sogno”.
Due note positive: la prima per l’oramai consolidato metodo delle primarie nella scelta dei candidati (che ha prodotto un forte rinnovamento della classe dirigente), il secondo è la costante attenzione alle classi sociali più deboli. Questi tre “poli” (Pdl, Pd e M5S) sono tra loro incompatibili, ma non per tanto: come in ogni democrazia matura si formerà una maggioranza e un'opposizione. Toccherà anche a noi cittadini abituarci a chiedere una politica così realistica da saper guardare almeno ai prossimi dieci anni. Ma di più c’è un problema di rappresentanza politica: non è in crisi la democrazia, è in crisi la democrazia rappresentativa. Si deve ricostruire un percorso di fiducia tra rappresentanti e rappresentati. Pertanto, per votare oggi, è certamente importante valutare le idee e i programmi, ma di più occorre osservare le persone in lista, le biografie e le competenze a gestire la cosa pubblica. La fiducia, in fondo, non è un’astratta idea e neppure un programma: è l’elemento più umano. Fidatevi...
In questo numero di Battaglie Sociali:
Filo Rosso
Alloggiare: sì, ma sui programmi (di Dante Mantovani, Franco Gheza, Arsenio Entrada)
Il bel paese
Azioni Concrete (di Stefania Romano)
Implosione africana (di Flavia Bolis)
Chiave a stella
I redditi dei bresciani (di AA. VV.)
Filo soffiato
Francesco, Papa pastore (di Angelo Onger)
On tè road
Mons. Capovilla (di Salvatore Del Vecchio)
Cooltura
Tra fede e (s)fiducia (di Vera Lomazzi)
AnnaLes
Beppe Mattei (di Pierangelo Milesi)
e molto altro...