La nascita
Il 14 giugno 1944 Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani ed Emilio Canevari per i socialisti, stipularono un accordo conosciuto come Patto di Roma, che avrebbe gettato le basi di una nuova organizzazione sindacale: la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL).
Prima del fascismo non esisteva un sindacato unitario: la CGIL, nata verso la fine dell'800, organizzava soprattutto i lavoratori socialisti. Accanto ad essa operavano le organizzazioni operaie cattoliche, che avevano avuto notevole impulso dal pontificato di Leone XIII.
Nell'agosto del 1944, per opera soprattutto del sindacalista cattolico Achille Grandi, furono fondate le ACLI con precise finalità: rispondere al duplice intento di educare i lavoratori cristiani alla professione della fede nella vita sociale; curare una partecipazione al sindacato unitario che fosse veramente proficua per il bene comune.
L'11 marzo 1945 ottennero il riconoscimento ufficiale da Pio XII che le definì "cellule dell'apostolato cristiano moderno". Primo Presidente delle ACLI fu Achille Grandi. Al primo Congresso nazionale, che si svolse a Roma dal 25 al 28 settembre 1945, le ACLI si definirono "espressione della corrente cristiana in campo sindacale". Per opera di Giulio Pastore , primo segretario delle ACLI, nacque anche il Patronato come servizio sociale per la tutela dei lavoratori.
Il movimento venne autorizzato a gestire la cosiddetta "mescita per le bevande alcoliche", che contribuirà in seguito, in modo rilevante, alla diffusione dei circoli nelle realtà territoriali.
La fine dell'unità sindacale
Le difficoltà nei rapporti tra la corrente sindacale cristiana e le altre correnti all'interno del sindacato unitario crescevano fino ad arrivare ad un punto di svolta: i l 14 luglio 1948 l'on. Togliatti venne ferito gravemente in un attentato mentre stava uscendo da Montecitorio. Fu proclamato quindi lo sciopero generale ad oltranza, al quale si oppose la componente sindacale cristiana e, dunque, anche le ACLI, che proposero lo sciopero fino alle 18 dello stesso giorno. La divisione tra sciopero parziale e sciopero generale e ulteriori costituirono il punto di rottura definitiva dell'unità sindacale.
Il congresso straordinario del 15-18 settembre 1948 dette il via libera alla costituzione di una nuova esperienza sindacale che si sviluppò, sotto l'impulso di Giulio Pastore , su principi di indipendenza e non confessionalità .
La Libera Cgil dal 1950 assunse il nome di Cisl. Le Acli, alla cui guida venne chiamato Ferdinando Storchi, si diedero la nuova definizione statutaria di "movimento sociale dei lavoratori cristiani".
Crisi d'identità
La perdita dell'investitura sindacale, portò le ACLI ad una crisi di identità. Un impulso a continuare l'esperienza aclista arrivò da mons. Giovan Battista Montini - allora sostituto alla Segreteria di Stato - che, con una lettera scritta nel settembre 194 9 per volontà di Pio XII, ribadì l'indiscutibile opportunità della permanenza e della missione delle Acli, offrendo al movimento una nuova investitura.
Il terzo congresso nazionale delle ACLI, che si tenne a Roma dal 3 al 5 novembre 1950, approvò un programma sociale che guidò le Acli per lunghi anni: un'azione diretta "a titolo di movimento" e un'azione indiretta degli aclisti inseriti nel partito e nel sindacato.
Il primo maggio cristiano e le tre fedeltà
Il primo decennio della vita del Movimento venne celebrato a Roma il 1° maggio 1955 con un raduno in piazza S. Pietro degli aclisti provenienti da tutte le parti d'Italia. Pio XII, salutando gli aclisti, proclamò che la festa del lavoro doveva essere anche festa cristiana. Questa affermazione fu una vera e propria “presa di possesso” di una festa tradizionalmente socialista da parte del movimento cristiano di lavoratori.
Dino Penazzato, succeduto a Storchi come Presidente delle ACLI nazionali, nel discorso ufficiale della giornata, indicò il percorso che il movimento aclista avrebbe dovuto seguire. Questo intervento fu ricordato come il discorso delle tre fedeltà: alla classe lavoratrice, alla democrazia, alla Chiesa.
Il problema dell'incompatibilità
La presenza organizzata degli aclisti nella DC attraverso la corrente di Rinnovamento - alla fine 1958 - determinò la seconda crisi delle ACLI.
La stampa di destra, cattolica e laica, si adoperò per scatenare una durissima reazione: le ACLI e il suo Presidente furono accusati di aver creato un "partito classista" dentro la DC.
Alcuni giorni dopo il Congresso nazionale delle ACLI, che si tenne a Milano dal 6 all'8 dicembre 1959, la CEI intervenne sulla questione, stabilendo che non potevano confondersi con una corrente di partito né ammettere la compatibilità tra la direzione del movimento e il mandato parlamentare.
A questo punto il Presidente Dino Penazzato, che era anche parlamentare, avrebbe dovuto dimettersi immediatamente; ma il Congresso accolse l'incompatibilità deliberando una "deroga" che permise a Penazzato di mantenere l'incarico di presidenza.
Dopo tre mesi dalla rielezione, il 10 aprile 1960, Penazzato fu costretto a dimettersi e al suo posto venne nominato Ugo Piazzi, per una presidenza di transizione che diede vita ad iniziative di rilievo e numerosi convegni sui problemi concreti del mondo del lavoro.
La presidenza del Lavoro
Al congresso di Bari ( 8-10 dicembre 1961 ), Livio Labor venne eletto presidente. Labor era da tempo protagonista dell'elaborazione culturale e politica del movimento. Attraverso la rivista "MOC - Idee, problemi, dibattiti nel movimento operaio cristiano" elaborò una visione "forte" delle Acli come "gruppo di influenza ideologica e culturale, di coerente e autonoma pressione sociale . Iniziò così un nuovo corso, durante il quale giunse all'apice la capacità di proposta politica originale del movimento.
Erano gli anni del Concilio e della elezione al soglio pontificio di papa Paolo VI, gli anni in cui Aldo Moro diede vita al primo governo di centrosinistra. La leva su cui poggiò la presidenza Labor fu la formazione a tutti i livelli: nazionale, locale, di circolo. Sorsero le prime divergenze con la DC e con la CISL sul tema dell'unità sindacale. Si cominciò a parlare di "libertà di voto per i cattolici".
Queste elaborazioni continuarono e furono approfondite nella seconda metà degli anni Sessanta sotto la spinta del Concilio Vaticano II, delle encicliche Pacem in terris e Octagesi ma adveniens , dalla situazione sociale e politica prodotta dalle lotte studentesche nel '68 e dalle lotte operaie nel '69.
Con il Congresso di Torino - giugno 1969 - si concretizzò questa idea del cambiamento attraverso il voto libero degli aclisti e si sottolineò inoltre, l'autonomia del movimento rispetto a qualsiasi partito.
Al Congresso di Cagliari – primavera del 1972 – Emilio Gabaglio, Presidente uscente, venne riconfermato Presidente nazionale. Durante la presidenza di Marino Carboni si verificò la rottura con il Movimento giovanile aclista, schierato nel referendum sul divorzio del 1974 sulle posizioni dei cattolici del no (cioè per il sì al divorzio), mentre il movimento dava di fatto l'indicazione di voto libero.
La presidenza Rosati e la centralità della società civile
La presidenza Domenico Rosati ha avuto il pregio di ricomporre la frattura con Gioventù aclista e di rafforzare il dialogo tra ACLI e CEI.
Il Congresso di Bari - dicembre 1981 - impegnò le ACLI per la costruzione "di un movimento per la società civile e per la riforma della politica". La ripresa del dialogo con la CEI divenne più evidente nell'udienza che Giovanni Paolo Il concesse a Gioventù Aclista nel 1982 . L'elezione di Rosati nelle liste della DC portò alla Presidenza Giovanni Bianchi.
Le presidenze Bianchi e Passuello
Della presidenza Bianchi è importante sottolineare i due obiettivi.
Sul versante ecclesiale gli incontri di spiritualità di Urbino furono momenti forti per tutto il Movimento. In occasione del Congresso nazionale del dicembre 1991, Giovanni Paolo II concedette una grande udienza papale ai congressisti.
Sul versante politico accadde il crollo dei regimi comunisti e la crisi del sistema politico e sociale del nostro Paese. Questo comportò la fine del primato dei partiti e l'emergere di nuovi soggetti politici.
Sotto la presidenza Bianchi si approfondì la lezione del popolarismo sturziano, impegnando il movimento per la crescita dell'autonomia della società civile e per la riforma del sistema politico. Alla fine del 1993 Giovanni Bianchi lasciò la presidenza; al suo posto subentrò Franco Passuello la cui presidenza a sua volta pose in primo piano il cammino spirituale e formativo delle ACLI.
Il I° maggio del 1995 fu festeggiato il 50° delle ACLI con una grande manifestazione in Piazza S. Pietro e una messa celebrata da mons. Ruini con la partecipazione di Giovanni Paolo II.
Dal 2000 a oggi
In questi ultimi decenni si sono svolti i Congressi nazionali:
- del 2000 a Bruxelles, sul tema “Osare il futuro nella nuova Europa”;
- del 2004 a Torino, sul tema “Allargare i confini sulle rotte della fraternità nella società globale”;
- del 2008 a Roma, sul tema “Migrare dal '900, abitare il presente e servire il futuro”;
- del 2012 a Roma, sul tema “Comunità per ricostruire il Paese: artefici di democrazia partecipativa e buona economia”;
- del 2016 a San Vincenzo (LI) su “Niente Paura. Con le ACLI attraversiamo il cambiamento”;
Nella responsabilità di Presidente nazionale, si sono succeduti: Gigi Bobba, Andrea Olivero, Gianni Bottalico, Roberto Rossini e l'attuale Presidente Emiliano Manfredonia.