Abitiamo un tempo di grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali. Emergono ricchezze, opportunità, ma anche fragilità e rischi. La democrazia stessa appare in difficoltà in varie parti del mondo, sia dal punto di vista della tenuta delle istituzioni, sia da quello del coinvolgimento popolare nei processi decisionali. In questi anni sono cambiati i modi nei quali i cittadini prendono parte alla vita civile. Assistiamo a un ritrarsi nel privato, a una stanchezza che non lascia spazio per la vita comunitaria, a una rinuncia alla fatica delle relazioni. Le forme della partecipazione non seguono più necessariamente quelle del secolo scorso, non procedono più attraverso la mobilitazione di corpi intermedi e forme associative (dai partiti al sindacato, dalle cooperative alle associazioni di volontariato), ma hanno spesso forma più libera e fluida.
Di fronte a questo scenario bisogna dotarci di occhi nuovi per leggere nel cuore della democrazia, per cogliere rischi e segnali di pericolo, ma soprattutto indizi di nuove domande e nuove vitalità. Prima di essere una forma di governo la democrazia è la forma di un desiderio profondamente umano e insopprimibile: quello di vivere insieme volentieri e non perché costretti, sperimentando la comunità come il luogo della libertà, in cui tutti sono rispettati, custoditi, protagonisti, impegnati in favore degli altri. «Fratelli tutti», diremmo oggi con Papa Francesco. Certo è un desiderio ancora incompiuto, ma che ha possibilità di futuro, perché costitutivamente umano.
Se da una parte ci preoccupa la frammentazione sociale e l’individualismo crescente, dall’altra però pos- siamo cogliere nel tessuto sociale la crescita di tante energie positive ed esperienze innovative. La partecipazione alla vita civile assume nomi sempre nuovi: la possiamo riconoscere nella comunque perdurante vitalità del terzo settore; nell’emergere di una nuova economia civile animata da imprese e cooperative orientate alla responsabilità sociale; nell’attività di amministratori capaci di ascoltare e interpretare in modo responsabile e lungimirante i bisogni emergenti; nella costruzione di percorsi di progettazione dal basso per una cura condivisa e partecipata del bene comune; nella spinta propulsiva dei giovani per la cura dell’ambiente.
Abbiamo di fronte sfide importanti, tra cui la promozione di una rinnovata cultura del lavoro, la riduzione delle diseguaglianze, la custodia dell’ambiente, che necessitano di ascolto attivo, protagonismo comunitario e responsabilità personale a vivere in prima persona una trasformazione, che è soprattutto antropologica. Il futuro richiede persone capaci di mettersi in gioco e di collaborare tra loro per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un servizio da condividere. È una sfida che riguarda tutte le voci di una comunità che devono poter trovare parola, ascolto e sostegno.
Le Acli possono essere ancora una comunità a servizio della democrazia, un crocevia di persone e progetti diversi, un luogo per condividere il presente e immaginare insieme il futuro, ricercando sempre nuove vie per costruire il bene comune. Per andare al cuore della democrazia. Per riscoprire la comunità come luogo della libertà.