Josè Saramago scriveva – mi ricorda il Dino – che il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono e si trasformano in narrazione. Eccoci arrivati: io scendo qua, ora, a questo incrocio. Non so esattamente quali coincidenze, ripartenze o permanenze, ma è qui che si scende. E allora ecco tre piccole cose pensate sui gradini “della filo” (del bus, per i non bresciani), mentre si scende.
La prima è grazie. Valentina e Daniela, Flavia, Angelo, Arsenio, Fabio, Marco, Maurilio, Pierluigi, Salvatore... e tutti i vari collaboratori, e poi la Presidenza a partire da Stefania: dietro ogni pagina si intravede uno di noi e il tempo dedicato al video, di casa o di via Corsica. S’è iniziato col primo numero in piazza Loggia, si è continuato tra sere di comitati di redazione, di pizze, di sigarette e caffè, di tante bottigliette d'acqua e d'idee. Sì, idee sotto forma di storie e opinioni, interviste e recensioni, numeri e ipotesi che cercano di raccontare il mondo. Perchè ci siamo sempre detti che «Battaglie Sociali» non parla delle Acli, semmai dice delle Acli: è la voce delle Acli che narrano il mondo. «Battaglie Sociali» è il nostro tono, il nostro modo di dire ciò che vediamo e sentiamo. Dire grazie serve anche per dire che scrivere qui è stato una grazia, per riprodurre il mondo con le parole del mondo che c'è e che cerchiamo di cambiare nei suoi aspetti peggiori, per renderlo più giusto anche grazie ad aggettivi ben scelti, a congiuntivi bene usati, ad articoli ben scritti, a opinioni e idee diffuse. E quindi grazie anche a chi ha diffuso questo lavoro: perché, dato che le Poste costano, noi abbiamo ideato un servizio porta a porta per distribuire questa rivista, per metterla nei luoghi dove la città vive, pulsa (e soffre): gli ospedali, le università, le biblioteche, i circoli... Grazie ai lettori che ci hanno seguito, letto, criticato, sfogliato, incoraggiato, usato quando si pittura...
La seconda è pensiero collettivo. Il comitato di redazione è uno spazio organizzativo, ma è anche un tempo di parola: uno scambio di idee, impressioni, pensieri a volte allo stato grezzo a volte definiti e piombati. Lo è stato anche il tempo della Presidenza e di altri organi. Tutti questi tempi di scambi di parole hanno costruito il nostro pensiero. A volte gli articoli hanno sollecitato altri pensieri, altri commenti ancora. Non ci siamo tirati indietro: abbiamo detto la nostra sul jobs act e le riforme della scuola, sulla famiglia e la donna, su Renzi e tutti gli altri che lo hanno preceduto, sul sistema elettorale e le riforme costituzionali, sui sindaci della città e su quelli che hanno tolto il cibo di bocca ai bambini delle mense, sui migranti e il welfare... Abbiamo scritto tanto perché abbiamo tempi di pensiero collettivo, di opinioni segnate dal dialogo, dal confronto e – perché no – anche dallo scontro. Questa piazza di pensiero trova in «Battaglie Sociali» un registratore, una memoria, un collettore. Di questo pensiero non c'è padrone. Noi non tiriamo la volata a nessuno, noi non prendiamo i soldi da qualcuno: «Battaglie Sociali» non è a servizio di alcuno sponsor, di alcun potente, di alcun “padronissimo”: siamo solo noi e le nostre idee (e le idee salvano dalla paura).
La terza è, allora, Niente paura. Il nostro secondo numero s'intitolava Io non ho paura: da tempo il? tema della paura ci attanaglia e rappresenta la condizione ordinaria di molti nostri concittadini. Viviamo in un mondo insicuro e percepito ancora più insicuro: gli stranieri, la crisi, la criminalità, ?il traffico, le malattie, le banche, le dipendenze, i divorzi, le liti, il gender... Perfino alcune parti del nostro mondo cattolico vivono un senso di paura rifugiandosi in ciò che può rassicurare e creare un valico a difesa della nostra integrità. Così come alcune parti del mondo politico, che scavano fossati divisivi a colpi di incubi, minacce?e profezie di sventura... Sia chiaro: c'è da temere, perché non è vero che tutto va bene. Anzi. Ma essere consci dei pericoli non implica il tenere un atteggiamento negativo. Si può anche tenere una certa postura, un sano atteggiamento? non paralizzato da ciò che ancora non si è manifestato. «Battaglie Sociali» ha sempre cercato di tenere questo atteggiamento: consapevole, realista, informato, chiaro, preciso. Abbiamo usato anche la bellezza, abbiamo scelto il canale del colore?e della piacevolezza: è importante curare l'immagine, perché l'immagine cura. Ciò che è bello può salvare, è un modo anche quello per dire speranza. Niente paura, canta Ligabue: alcuni sogni li hai sempre difesi, altri sono finiti, ma poi ci pensa sempre la vita. A mediare,? a rinascere e anche a terminare: o solo a scendere dal bus. Ok. Sceso. (accidenti, piove!)