EDITORIALE: SI BELLA E PERDUTA... LA COMUNITA'
di Roberto Rossini (presidente provinciale ACLI)
Il nostro direttore Migliorati, sul Giornale di Brescia, riprende il Convegno interassociativo ricordandone la genesi (perché ripassare l’album di famiglia è importante, visto che senza memoria è difficile generare futuro) e le ragioni storiche: “rispondere al mandato di incarnare il vissuto cristiano dentro una società in accelerata trasformazione [...] [tenendo conto che l’operazione non era] semplice, dopo un tempo scandito dalle sottolineature delle contrapposizioni”. Tutto vero.
D’altra parte il mondo cattolico, come dice il mio curato, è più predisposto a celebrare il mistero della resurrezione che non quello dell’incarnazione. L’incarnazione non rimanda all’orgogliosa rivendicazione di un’identità, semmai al riconoscimento dei propri limiti, al rendersi conto di non poter far tutto. Bella l’immagine di Mauro Magatti: è come essere una barchetta in mezzo all’oceano e pensare di poter trattare l’oceano alla pari. Ma non è così, l’oceano è molto più vasto. Il tempo che viviamo è vasto. Si comprende mettendo insieme le parti di realtà che ognuno vive. In ognuna si manifesta il “tutto”, ma questo “tutto” emerge da una lettura corale: attraverso il discernimento comunitario, si direbbe in lingua cattolica. Un discernimento che avviene – mi ricordano – solo sulla realtà, non su questioni immaginarie, sui fatti. I fatti parlano. I fatti sono simbolici. E questo mondo ha bisogno di simboli: ma non sempre sa interpretarli. Ecco, il discernimento comunitario serve proprio a questo: scrutare i segni, leggerli come segni del tempo. In questo la comunità cattolica può dare un contributo alla città: aiutando a svelare dove stiamo andando.
La comunità cattolica può dare un contributo alla città aiutandola a capire dove stiamo andando. Questa possibilità è esattamente ciò che distingue quella cattolica da altre comunità, più preoccupate ad autoconservarsi e incapaci di confrontarsi con la differenza.
È un privilegio, di fatto è profezia. È importante che la comunità cattolica riscopra tutto questo, che è esattamente ciò che la distingue da altre comunità, magari più preoccupate ad autoconservarsi. La comunità cattolica non ha paura se si confronta con ciò che è diverso da lei. Il personalismo comunitario di Mounier e di Maritain c’insegna che l’uomo è relazione, è il risultato delle relazioni che costruisce. È nella relazione con l’altro che trova un’identità. Così vale anche per noi. Troviamo un’identità forte quando entriamo in relazione con altre comunità, con le emergenze degli altri: con le problematiche sociali e politiche. Non trattandole solamente come servizio (che rischia di diventare service, burocratico e organizzativo), ma assumendole come questione propria, che modificano anche il modo di vivere. Dunque, non solo con l’operatività delle mani, ma anche con la pen- sosità della testa. Una comunità che discute su se stessa – ci avverte Bauman – è una comunità in declino: sì bella e perduta. Non è mai stato così per i cattolici a Brescia. Riscoprire questa tradizione, lasciar spazio alle questioni di questo mondo, affrontarle insieme per scoprire gli angoli di cielo che da soli non coglieremmo, è ancora ciò che ci dà senso. Un po’ come mettere insieme Maria e Marta.
In questo numero di Battaglie Sociali:
Solidi forzieri - Mario Nicoliello
Intervista a Giorgio Camparini - Salvatore Del Vecchio
La sabbia nella mano - Luciano Pendoli
Quando un gesto dice tutto - Flavia Bolis
Due giorni per costruire un senso - Roberto Toninelli
Sportello Acli Lavoro - Andrea Franchini
GULLIVER: la comunità - autori vari
Meglio separati? - Michele Dell'Aglio
Facebook - Vera Lomazzi
Uomini con la coda - Valentina Rivetti
Dove la comunità è impossibile - Stefania Romano
Segni nel tempo
Il ramo e gli uccellini - don Mario Benedini