#EDITORIAL
Oltre la paralisi
di Pierangelo Milesi (presidente provinciale Acli)
Mentre tutto cambia, la paralisi è una reazione che non possiamo permetterci. La saggia autorevolezza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promosso la nascita del Governo Draghi, sbloccando lo stallo irresponsabile nel quale la politica si era incartata, proprio in una delle stagioni più terribili della storia del nostro Paese. Due sono le sfide cruciali che abbiamo di fronte: la campagna vaccinale, dalla cui riuscita dipende la possibilità di ripresa e di riscatto di milioni di famiglie e imprese e, in secondo luogo, l’altrettanto decisiva messa a punto del Recovery Plan, determinante per il rilancio di tutto il sistema Italia. Entrambe esigono un salto di qualità nella consapevolezza morale della classe politica italiana rispetto al dramma epocale che stiamo vivendo.
Il Governo Draghi, nonostante le perplessità suscitate per l’inedita e tanto variegata composizione della maggioranza che lo sostiene, può essere un laboratorio per il rinnovamento politico del Paese. E' un’opportunità - il cui esito non possiamo dare per scontato - e come tale va colta, per uscire da un modello di politica caratterizzato dalla personalizzazione estrema delle figure dei leader che si appellano agli elettori senza alcuna mediazione del consenso, spesso inseguendo la “pancia” dell’elettorato e tradendo ogni riferimento alla prospettiva del bene comune, ingoiato dalla continua eccitazione degli interessi individuali.
Valuteremo con intelligenza i risultati di questo Governo, avanzando proposte e continuando a svolgere il nostro lavoro di intermediazione dei bisogni e di rappresentanza dei diritti, in specie dei più fragili. Valutiamo almeno tre priorità rispetto ai grandi obiettivi del Governo. La prima è realizzare un’infrastruttura formativa parallela al sistema scolastico che accompagni le traiettorie lavorative. I fondi del Next Generation Eu devono essere un’occasione per creare un sistema per l’apprendimento permanente e di riconoscimento delle competenze, ripensando i Centri per l’impiego attraverso il collegamento coi Centri di formazione professionale. In questo senso è necessario un “tagliando” al Reddito di cittadinanza. La seconda è l’infrastruttura di inclusione sociale. La pandemia ha evidenziato la necessità di pervenire stabilmente a un modello di welfare territoriale integrato, che realizzi la collaborazione tra pubblico e privato sociale, tra sociale e sanitario, tra individuo e collettività, tra servizi stabili e omogenei su tutto il territorio italiano e tentativi di innovazione sociale. La Rete di protezione sociale dovrà definire, pianificare e finanziare i livelli essenziali delle prestazioni, dovrà anche farsi carico di rivedere la previdenza: quota 100 va tolta e va riordinato tutto il sistema, secondo un approccio più flessibile e sostenibile. La rete di protezione sociale andrà completata con l’adozione di un piano nazionale per l’economia civile, per finanziare l’avvio e il consolidamento di cooperative e imprese sociali, di associazioni e gruppi di volontariato: rinforzare questi soggetti significa rinforzare i soggetti che si fanno carico delle fragilità.
Per finanziare queste due infrastrutture sarà necessario procedere alla “madre di tutte le riforme”, ovvero la riforma fiscale. Abbiamo da tempo avanzato delle idee, per facilitare l’emancipazione dei ceti sociali popolari attraverso ciò che il fisco può fare veramente: ridistribuire la ricchezza, finanziare il welfare e la spesa pubblica.
Anche la società italiana è abitata dalle tensioni della politica: lo slancio verso il futuro e il ripiegamento su di sè nella recriminazione; la capacità di sacrificio per il bene comune e la difesa ostinata dell’interesse individuale; la voglia di futuro e la paura del nuovo; e la tentazione di stare a guardare, in attesa che passi la tempesta. Per questo sarà importante continuare l’opera di pedagogia sociale e politica, ispirati dalla dottrina sociale che, con Papa Francesco, ci interpella sulla visione dell'ecologia integrale e sulla fraternità come paradigma politico, che riconosce nei legami buoni tra le persone l’unica via per la costruzione di un progetto sostenibile comune. Oltre la paralisi.
Non possiamo stare fermi
di Daniela Del Ciello
Annamaria Testa l’ha riassunto molto bene in un suo articolo pubblicato da Internazionale ormai lo scorso ottobre: “la paralisi interviene quando siamo sopraffatti da un evento del tutto inaspettato e sconcertante. Oppure quando, di fronte a una minaccia, ci sembra impossibile sia scappare sia attaccare”.
Si tratta di un atteggiamento istintivo, che ereditiamo dalla nostra origine animale e, più o meno, a livello individuale e collettivo, è quello che ci è accaduto a seguito della pandemia. Si è paralizzata l’economia, si è paralizzato il sistema sanitario, oberato dall’emergenza pandemica, si sono paralizzati i progetti dei singoli e delle famiglie, si sono paralizzati gli Stati che sembrano facciano tanti movimenti ma in realtà sono sempre sul posto, ché pianificare a medio-lungo termine in questo momento sembra quasi impossibile. La paralisi è una reazione naturale, dicevamo.
A volte serve a limitare i danni, ché a volte la paura ci fa compiere atti azzardati che potrebbero renderci più vulnerabili di fronte al nemico. Però, ricorda Testa, “il problema sorge se, in seguito al trauma, il corpo e il cervello familiarizzano con questo tipo di reazione, e continuano ad attivarla in modo automatico anche in seguito, rallentandosi e anestetizzandosi quando non serve”.
Per questo dobbiamo sforzarci, pur ancora dentro al vortice della pandemia, di “uscire dalla paralisi”. Ci sono diversi elementi che possono aiutarci: le vaccinazioni che, pur a diverse velocità e non senza intoppi, sono partite; abbiamo l’occasione di scrivere un piano che “disegni il nostro futuro” come recita il Next Generation EU; in Italia abbiamo un nuovo Governo a maggioranza estesa e (un po’ troppo) trasversale, ma guidata probabilmente da una delle personalità più credibili che abbiamo in casa; Papa Francesco non smette di indicarci la via della fraternità, anche con gesti storici come il recente viaggio in Iraq.
Certo, a livello individuale a volte non basta cogliere i segnali di ottimismo o di speranza che arrivano dal mondo esterno, soprattutto perchè costantemente “affogati” a livello mediatico da tutto ciò che - realmente o pretestuosamente - non va. Eppure non abbiamo scelta: per stare a galla occorre muoversi, non si può stare fermi. Occupiamoci - senza ossessione - della nostra salute, coltiviamo le relazioni più strette, seppur virtualmente, seguiamo un corso on line per acquisire o rafforzare competenze. Teniamoci aggiornati sulle iniziative del nostro circolo Acli: molti di loro, nonostante la chiusura, stanno cercando di mantenersi in attività. Cerchiamo di non spezzare il filo con la nostra comunità: può aiutarci a non andare a fondo.
In questo numero di Battaglie Sociali
Filo Rosso
Uscire dalla crisi (di Stefania Romano)
Questione di tempo (di Pierluigi Labolani)
Cose che abbiamo imparato (di Stefano Dioni)
I segni dei tempi
Il Governo Draghi (di Maurilio Lovatti)
Congresso nazionale (di Pierangelo Milesi)
Librarti
di Daniela Del Ciello e Salvatore Del Vecchio
Annales
di Salvatore Del Vecchio
Il percorso dell'Europa sociale
di Fabio Scozzesi
Sportello Lavoro
di Silvia Pennacchio
La giornata mondiale dei nonni e degli anziani
di Luciano Pendoli
Tra disagi e prospettive
di mons. Alfredo Scaratti
e molto altro...