Roma, 19 giugno 2017. Gli Enti di Promozione sportiva nazionali hanno realizzato e diffuso alla stampa questo documento unitario:
L’ultimo Censimento Istat, risalente al 31 dicembre 2011, riportava il numero di 92.838 (pari al 30,8% delle istituzioni italiane e al 47,4% delle istituzioni attive nel settore della Cultura, sport e ricreazione) con riferimento alle istituzioni no profit che svolgevano in via prevalente attività sportive. Mentre le istituzioni che svolgevano attività sportive come area di intervento secondaria erano 21.449 (pari al 7,7% del totale nazionale), per un totale di 114.287 unità. Da questi numeri è facile evincere il grande valore dello sport di cittadinanza come elemento costitutivo della promozione sociale. L’associazionismo sportivo affonda le proprie radici nel mutualismo tardo ottocentesco che ha sviluppato forme di solidarietà, coesione e responsabilità sociale. Le organizzazioni internazionali, dall’Onu all’Oms, riconoscono lo sport come strumento per promuovere educazione, salute, sviluppo e pace.
Il Presidente della Repubblica, all’incontro con i rappresentanti del mondo dello sport di qualche giorno fa, ha parlato delle società sportive di periferia come di una galassia che arricchisce di valori la vita comune, indicando lo sport come una efficace leva sociale, culturale, educativa ed economica, come educazione alla cittadinanza. Stessi principi sono stati ribaditi dal Ministro allo Sport Luca Lotti presente in quell’occasione.
Tutto questo rischia di essere svuotato di sostanza per effetto del Decreto Legislativo relativo al Codice del Terzo settore. L’articolo 35 infatti, al comma 3, prevede che “gli atti costitutivi delle associazioni di promozione sociale possono prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo Settore, a condizione che il loro numero non sia superiore al trenta per cento del numero delle associazioni di promozione sociale” e l’articolo 41, al comma 1 lett.a) che “si assume la qualifica di Rete associativa se si associano un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore”.
Dall’interpretazione letterale del testo si deduce che gli Enti di promozione sportiva potrebbero non beneficiare più della qualifica di associazioni di promozione sociale o non poter assumere quella di Rete associativa, organismo di vitale importanza nell’immediato futuro, potendo avere tra i propri affiliati soggetti che non trovano motivo per iscriversi nel Registro Unico del Terzo Settore.