Il coraggio della pace. Relazione del Presidente al Congresso provinciale

Venerdì 28 giugno 2024

L'introduzione ai lavori presentata da Pierangelo Milesi al XXVII Congresso delle Acli bresciane del 29 giugno 2024

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza
e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
(Dichiarazione Universale dei diritti umani, Art. 1, 10 dicembre 1948)


Per mezzo di Cristo apparteniamo gli uni agli altri,
e grazie a questo mediatore
l’appartenenza è effettiva, integrale, per tutta l’eternità.
(Dietrich Bonhoeffer, Vita comune)



Le ACLI siano voce di una cultura della pace,
uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile”
mentre la pace è sempre possibile;
e che questo vale sia nei rapporti tra gli Stati,
sia nella vita delle famiglie, delle comunità e nei luoghi di lavoro.
[…] Costruisce la pace chi sa prendere posizione con chiarezza,
ma al tempo stesso si sforza di costruire ponti,
di ascoltare e comprendere le diverse parti in causa,
promuovendo il dialogo e la riconciliazione.
Intercedere per la pace
è qualcosa che va ben oltre il semplice compromesso politico,
perché richiede di mettersi in gioco e assumere un rischio.
(Papa Francesco, Udienza alle Acli, 1 giugno 2024)




Carissimo Presidente e amici Delegati delle Acli lombarde e nazionali,
autorevoli rappresentanti delle Istituzioni civili ed ecclesiali,
gentili e graditi Signore e Signori ospiti, collaboratrici e collaboratori, volontari del Sistema Acli
carissime delegate e delegati, Presidenti di Circolo, Coordinatori di Zona, Presidenti delle Associazioni specifiche, ex presidenti provinciali e generosi candidati per il Consiglio provinciale,


ecco alcune riflessioni che integrano le Tracce congressuali elaborate dal Consiglio provinciale, anche a seguito del qualificato e partecipato percorso formativo, finalizzato per molte persone al discernimento per un impegno a servizio dell’Associazione nei prossimi quattro anni. Confido possano aiutarci ad introdurre i lavori congressuali che oggi siamo chiamati a svolgere. Si tratta di un contributo di pensiero nello sforzo comune di leggere i segni dei tempi che ci sono dati da vivere, ancorati al principio della realtà, con la passione politica che ci anima, ma anche con l’aiuto dello Spirito che abbiamo invocato.
Questo XXVII Congresso provinciale si celebra dopo quattro anni particolarmente dolorosi, in particolare per la pandemia da Covid-19, tristemente segnati dallo sgomento di fronte a conflitti antichi e nuovi che producono morte, odio e disperazione, anche ai confini della nostra Europa. Tuttavia sono stati anche anni ricchi di stupefacente energia associativa che ogni giorno si rinnova nel silenzio della generosa e appassionata responsabilità di molte persone – tante tra voi – che non rinunciano a vivere lo spirito delle Acli. Anni ancora generativi insomma. Come sappiamo, la pandemia prima e la guerra poi, hanno cambiato, insieme alle nostre vite, anche le priorità della vita democratica. Perciò eccoci qui, in questo ambiente della Comunità degli Artigianelli, con i quali stiamo collaborando a servizio della formazione al lavoro e che ringraziamo, in un giorno denso di significato per la solennità dei Santi Pietro e Paolo, che ci rimandano idealmente, oltre alle origini del Cristianesimo, anche al ricordo affettuoso di papa Francesco e alla memoria devota di San Paolo VI, che sappiamo essere fondamentale nel processo di ideazione del nostro Movimento e che certamente anche oggi ci assiste.
Il Congresso provinciale è il momento più importante della vita democratica dell’Associazione. Abbiamo scelto di anticiparlo ieri sera con un convegno pubblico, all’interno della Festacli provinciale presso il Circolo di San Polo, perché siamo un’Associazione popolare e sentiamo la responsabilità di consegnare alla comunità il messaggio fondamentale che rappresenta la direzione che con il congresso intendiamo prendere. Il coraggio della pace necessita della fraternità come categoria politica: è l’energia più forte della democrazia, l’antidoto più efficace contro gli orrori della storia.
La dimensione della pace, nelle sue molteplici declinazioni, è la priorità offerta alla nostra riflessione, discussione e condivisione. I conflitti di cui l’umanità si sta rendendo protagonista in questo primo quarto del XXI secolo ci mostrano la fatica di essere fratelli e sorelle, abitanti della casa comune. Perciò ci è richiesta l’audacia della Pace. Perché è la fraternità stessa ad essere messa in discussione, la possibilità di convivere senza dover competere o addirittura eliminare l’altro per poter vivere. Se è messa in discussione la fraternità, lo è sempre anche la persona umana. Non possiamo accettare che solo la guerra sia la soluzione dei conflitti. Ripudiare la guerra, come siamo “costituzionalmente” impegnati[1], significa anche arrestarne la progressione, prima che accada l’irreparabile. In questo tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti, di odi, di contrapposizioni, osare la Pace è il servizio culturale e politico più urgente[2] che le Acli possono mettere in campo.
Le Acli sono essenzialmente uno strumento di pace, uno spazio per la mediazione e la giustizia sociale, per l’esigibilità dei diritti, per l’educazione ai doveri, per la soluzione dei conflitti, per il contrasto alle povertà e il sostegno alle fragilità, per il dialogo sociale, culturale e interreligioso. Le Acli sono uno spazio per la politica, per il bene comune, per l’umano. La giustizia sociale resta per noi una ragione fondante del nostro esserci. La pandemia prima e le guerre poi hanno colpito duramente molte famiglie e persone delle nostre comunità, aggravando anche le condizioni di disuguaglianza. Questo tempo così drammatico e difficile, in qualche modo, risveglia anche la nostra vocazione sorgiva, così ben sintetizzata da Papa Francesco nella fedeltà ai poveri[3].
Il richiamo alle nostre fedeltà originarie ci vede oggi rispondere ancora con la generosità della vostra presenza. Grazie per la vostra partecipazione, segno di responsabilità per la rappresentanza che vi è stata affidata, ma anche segno di affetto e di appartenenza verso questa straordinaria esperienza sociale che sono le ACLI. Grazie davvero! Essere qui oggi rappresenta per molte e molti di noi la speranza di vedere una storia che continua e per tanti altri lo stupore di un nuovo inizio. Una rigenerazione che abbiamo il compito di favorire con creatività in tutte le dimensioni della nostra vita associativa.
In questo intervento non voglio offrire una rappresentazione rendicontativa del lavoro svolto in questi quattro anni[4]. Piuttosto intendo vivere con voi un momento originario, come sempre deve essere per un Congresso, cioè un andare alle radici del nostro esistere e ridire i fondamentali che ancora ci tengono insieme. Oggi siamo chiamati a ri-conoscerci e a delineare una linea di futuro per il bene della nostra Associazione e, attraverso di essa, per il bene delle persone che quotidianamente incontriamo e delle comunità che abitiamo. Lo farò partendo dalle parole che abbiamo scelto per segnare le Tracce congressuali e sulle quali certamente avete già avuto modo di riflettere, ma che sono comunque parole che conosciamo bene, perchè sono, tra altre, le parole della nostra vita associativa: pace, comunità, democrazia, lavoro, sostenibilità, spiritualità.
 


Voce di una cultura della pace


L'azione delle Acli è ispirata ad un pensiero che affonda le radici nel messaggio evangelico e nel magistero sociale della Chiesa, abbracciando la visione del personalismo comunitario. Le Acli del 2024 rinnovano questo pensiero e lo traducono in progetti di azione sociale, finalizzati a rendere la società più giusta, traducendo così la pace in concreta esperienza di fraternità e prassi di amicizia sociale.
Attraverso il nostro impegno associativo ascoltiamo la voce e prendiamo concretamente la parte di quanti soffrono, delle vittime, di quanti hanno visto violati i diritti elementari e rischiano che le loro grida si perdano nell’indifferenza o nell’abitudine. Scegliamo di essere operatori di pace, anzitutto nella preghiera incessante e commossa, ma che sappia diventare anche testimonianza, solidarietà e accoglienza. In particolare possiamo essere più concreti nell’organizzare la speranza, l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone che fuggono dai loro paesi e cercano asilo, protezione e dignità. Saper accogliere e accompagnare i migranti è un gesto di testimonianza della fraternità universale che le Acli hanno il dovere di vivere dentro progettualità innovative e generative. L’impegno personale, dei nostri circoli Acli e dei Servizi che promuoviamo, resta quello di essere “artigiani di pace”, tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nel linguaggio e nei comportamenti, rispettosi di ogni prossimo perché è Tempio di Dio, per imparare ad amare il nemico e renderlo di nuovo quello che è: fratello e sorella.
Accogliere il dono della Pace nella nostra vita è decidere di attivarci per cambiare stile di vita, modificare il nostro sguardo sulla realtà e sugli altri, nella logica della fraternità come paradigma politico. Con la consapevolezza che la pace si costruisce attraverso il recupero di un alfabeto umano della vita, comprensibile proprio a partire dalla cura delle relazioni a noi più prossime.
La storia esige di trovare un nuovo ordine, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale, in primis l’Unione europea, per costruire insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura. Mentre il buio della guerra si diffonde e sembra avvolgere e addormentare le coscienze, le Acli continuano a credere nella speranza della luce che solo la Pace può offrire. Non possiamo abituarci all’oscurità e alla paura, all’ingiustizia e alla morte. L’amore cristiano deve prevalere su tutto, anche su ogni valutazione pur indispensabile relativa ad aggressori e aggrediti, a ragioni e torti. La vita viene prima di tutto.
Papa Francesco, nell’Udienza speciale per l'ottantesimo anniversario di fondazione, ha voluto incoraggiarci: “…le ACLI siano voce di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile; e che questo vale sia nei rapporti tra gli Stati, sia nella vita delle famiglie, delle comunità e nei luoghi di lavoro…Costruisce la pace chi sa prendere posizione con chiarezza, ma al tempo stesso si sforza di costruire ponti, di ascoltare e comprendere le diverse parti in causa, promuovendo il dialogo e la riconciliazione. Intercedere per la pace è qualcosa che va ben oltre il semplice compromesso politico, perché richiede di mettersi in gioco e assumere un rischio. Il nostro mondo, lo sappiamo, è segnato da conflitti e divisioni, e la vostra testimonianza di operatori di pace, di intercessori per la pace, è quanto mai necessaria e preziosa”[1].

 

Comunità, coltivare il sogno della fraternità


L’eredità degli anni della globalizzazione è la difficile sfida per la costruzione delle condizioni culturali e istituzionali in grado di sostenere la convivenza di culture diverse in un mondo diventato piccolo e interconnesso. Dopo che, un po’ ingenuamente, si era pensato che bastasse la crescita economica per poter convivere pacificamente, la ruvidezza della realtà è tornata a farsi sentire. Gli shock che hanno colpito l’intero pianeta hanno fatto emergere le tante questioni – dalle migrazioni al cambiamento climatico, dall’approvvigionamento delle materie prime alle tensioni geopolitiche – che ora bisogna affrontare e risolvere. Insieme. Questa sfida vale a livello delle relazioni internazionali, come dimostrano le feroci guerre in Ucraina, in Palestina e Israele e negli altri conflitti che insanguinano il mondo: l’uso delle armi per dirimere le questioni territoriali o la costruzione di muri per separare ciò che è unito sono non-soluzioni destinate solo a peggiorare le cose. Ma vale anche nei rapporti privati: dal mondo del lavoro alla famiglia. Lo sconcerto per la sequela senza fine dei femminicidi è grande. Persino nel nucleo originario dove ci si dovrebbe prendere cura della vita la capacità di risolvere pacificamente divergenze e controversie sembra venire meno. La sfida di fondo del nostro tempo ha un nome: fraternità. Parola antica, che oggi però risuona con una forza e una pertinenza nuove.
Le condizioni nelle quali la vita umana ha luogo sul pianeta richiede un salto di qualità in grado di portarci oltre la modernità. Allora si trattò di affermare la persona umana nella sua dignità e integrità. Un lungo e difficile travaglio storico che si è sviluppato attorno ai due cardini della libertà individuale e della sovranità territoriale. Ma, al punto in cui siamo, queste due conquiste non bastano più. Ciò che va recuperato è che la libertà e la sovranità non cancellano il legame, ma lo presuppongono e lo qualificano. Non come una obbligazione giustapposta che impone dei limiti, ma come elemento costitutivo che va continuamente custodito e rinnovato. Il compito che ci aspetta nei prossimi anni è proprio quello di imparare a vivere da fratelli e sorelle all’interno dell’unica madre terra che tutti abitiamo. Non c’è altra via che prendersi la responsabilità di una vita insieme. Ogni altro pensiero, ogni altra categoria è destinata a portare alla distruzione del pianeta. Ciò significa riconoscere che la libertà è costitutivamente legata a quella degli altri e che nessuno, in fondo, è libero da solo. Riconoscere, ancora, che la sovranità assoluta non esiste: che il legame che ci precede è ciò che ci costituisce come uomini e donne liberi e come nazioni indipendenti. Siamo tutti, allo stesso tempo, liberi e legati, cioè inter-indipendenti. Ci troviamo su una soglia che ci può portare oltre la modernità, verso un futuro desiderabile, o precipitare nella barbarie della guerra o del disastro ecologico.
Ecco perché è essenziale compiere quel passo in avanti che papa Francesco esorta nell’Enciclica Fratelli tutti. Una proposta che interpella direttamente la politica: l’unica prospettiva per creare pace e prosperità è la difficile via del dialogo tra culture che sono e rimarranno profondamente diverse. Ma che mette in gioco anche le grandi confessioni religiose, chiamate a ripensarsi per creare le condizioni di un’amicizia che solo qualche volta nella storia è stata realizzata. E che sollecita infine tutti noi: nei diversi ambiti quotidiani della vita economica e sociale, la fraternità – parola evangelica evocata dalla rivoluzione francese – è capace di delineare la cornice per immaginare un mondo in cui finalmente nessuno sia lasciato indietro e in cui a ciascuno sia data la possibilità di portare il proprio contributo al bene di tutti. Ecco un vero messaggio di futuro in un mondo scosso da così profonde tensioni. Un messaggio straordinario soprattutto per i giovani a cui è affidata, in modo particolare, la responsabilità della sua realizzazione. È un messaggio che papa Francesco, nella citata Udienza alle Acli, ci affida come compito di coltivare il “nuovo sogno di fraternità”[2].
A servizio della democrazia
Abitiamo un tempo di grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali. Emergono ricchezze, opportunità, ma anche fragilità e rischi. La democrazia stessa appare in difficoltà in varie parti del mondo, sia dal punto di vista della tenuta delle istituzioni e dei partiti, sia da quello del coinvolgimento popolare nei processi decisionali.[3] In questi anni sono cambiati i modi nei quali i cittadini prendono parte alla vita civile. Assistiamo ad un ritrarsi nel privato, ad una stanchezza che non lascia spazio per la vita comunitaria, ad una rinuncia alla fatica delle relazioni. Le forme della partecipazione non seguono più necessariamente quelle del secolo scorso, non procedono più dall’alto attraverso la mobilitazione di corpi intermedi e forme associative (dai partiti al sindacato, dalle cooperative alle associazioni di volontariato), ma hanno spesso forma più libera e fluida. Di fronte a questo scenario bisogna dotarci di occhi nuovi per leggere nel cuore della democrazia, per cogliere rischi e segnali di pericolo, ma soprattutto indizi di nuove domande e nuove vitalità. Prima di essere una forma di governo la Democrazia è la forma di un desiderio profondamente umano e insopprimibile: quello di vivere insieme volentieri e non perché costretti, sperimentando la comunità come il luogo della libertà, in cui tutti sono rispettati, custoditi, protagonisti, impegnati in favore degli altri. Certo è un desiderio ancora incompiuto, ma che ha possibilità di futuro, perché costitutivamente umano.
Se da una parte ci preoccupa la frammentazione sociale e l’individualismo crescente, dall’altra però possiamo cogliere nel tessuto sociale la crescita di tante energie positive ed esperienze innovative. La partecipazione alla vita civile assume nomi sempre nuovi: la possiamo riconoscere nella comunque perdurante vitalità del terzo settore; nell’emergere di una nuova economia civile animata da imprese e cooperative orientate alla responsabilità sociale; nell’attività di amministratori locali capaci di ascoltare e interpretare in modo responsabile e lungimirante i bisogni emergenti; nella costruzione di percorsi di progettazione dal basso per una cura condivisa e partecipata del bene comune; nella spinta propulsiva dei giovani per la cura dell’ambiente. Abbiamo di fronte sfide importanti, tra cui la promozione di una rinnovata cultura del lavoro, la riduzione delle diseguaglianze, la custodia dell’ambiente, che necessitano di ascolto attivo, protagonismo comunitario e responsabilità personale a vivere in prima persona una trasformazione, che è soprattutto antropologica. Il futuro richiede persone capaci di mettersi in gioco e di collaborare tra loro per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un servizio da condividere. È una sfida che riguarda tutte le voci di una comunità che devono poter trovare parola, ascolto e sostegno. Immersi come siamo nella realtà, ne assorbiamo la pervasiva cultura individualista. Ma non è un destino ineluttabile. Se ci aiutiamo a interpretare la realtà mutevole con una spiritualità incarnata e radicata nel Vangelo, possiamo governare il corso della storia. Se la cultura individualista è corrosiva per le comunità, la cultura del dialogo e del camminare insieme ne è il balsamo: Associazioni di promozione sociale come le Acli saranno sempre più importanti, pur nelle mutate forme di organizzazione, per venire incontro alla solitudine delle persone. La politica è dire all’altra persona “tu non sei sola”: ecco l’esigenza più profonda che intravedo ed ecco perché la nostra organizzazione necessita di continui rinnovati impulsi al cambiamento per generare solidarietà e fraternità. Le Acli possono essere ancora una comunità a servizio della democrazia, un crocevia di persone e progetti diversi, un luogo per condividere il presente e immaginare insieme il futuro, ricercando sempre nuove vie per costruire il bene comune. Per andare al cuore della democrazia.

 

Il valore del lavoro


Il valore del lavoro fonda l’Italia e il nostro convivere, conferendo una forma sostanziale alla nostra vita quotidiana, personale e collettiva, come espressamente sancito dall’articolo 1 della nostra Carta costituzionale: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». La realtà concreta del mondo del lavoro, troppo spesso dura, iniqua e drammatica, ci richiede però un’urgente riassunzione di responsabilità in ordine al principio fondante del lavoro: il fenomeno della disoccupazione, del lavoro povero o addirittura del lavoro che uccide[4], infatti, lede la dignità della persona, lacera il tessuto sociale, erode la partecipazione alla vita civile, democratica e politica del Paese.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, la classe lavoratrice sembrava essere diventata il baricentro della storia, il soggetto propulsivo e protagonista del progresso materiale e spirituale del Paese, la speranza per il futuro che si apriva carico di promesse. C’era la consapevolezza che col lavoro e sul suo valore si potesse addirittura fondare una Repubblica, cioè un progetto di convivenza ispirato a libertà e uguaglianza. Era l’ispirazione alla fraternità di una classe sociale che sentiva un legame talmente forte da offrirsi a governare un processo di sviluppo e di crescita che avrebbe promosso democrazia e partecipazione. Uno straordinario slancio capace di generare la Costituzione italiana, ma anche di trasportare la classe lavoratrice sul terreno politico, in virtù della pregnante convinzione che l’impegno nelle istituzioni democratiche, la partecipazione a tutti i livelli della vita del Paese, rappresentasse la leva decisiva da muovere nell’interesse generale.
La classe lavoratrice oggi non è più il soggetto che guida le sorti della politica, ma il lavoro resta il tema centrale, se non nel dibattito pubblico, certamente nella realtà sociale, nel “noi” del bene comune. Le politiche pubbliche devono perciò tener presente che il lavoro è oggi la vera priorità democratica. Occorre investire in formazione e innovazione, in progettualità e inclusione, aprendosi anche alle tecnologie che la transizione ecologica sta prospettando, creando condizioni di equità sociale. È necessario inoltre guardare agli scenari di cambiamento che l’intelligenza artificiale sta aprendo nel mondo del lavoro, in modo da guidare responsabilmente questa trasformazione ineludibile. Prenderci cura del lavoro è atto di carità politica e di democrazia. Le istituzioni devono assicurare, a tutte e tutti, condizioni di lavoro che permettano di riconoscere la dignità di ogni persona, che consentano la formazione e la vita serena delle famiglie, che garantiscano condizioni di equità e di sicurezza. Un lavoro dignitoso esige anche un giusto salario e un adeguato sistema previdenziale: bisogna colmare i divari economici fra le generazioni e i generi, senza dimenticare le gravi questioni del precariato e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati. L’ampliamento dell’offerta dei servizi al lavoro rappresenta una sfida per il futuro delle Acli: nei prossimi anni, soprattutto con l’Intelligenza Artificiale, il lavoro è destinato a vivere profondi cambiamenti, per i quali le persone debbono essere accompagnate e assistite con competenza, professionalità e umanità. Le Acli, con la rete associativa dei circoli, devono riscoprire la loro funzione di essere un riferimento per il mondo del lavoro, promuovendo una cultura del lavoro ancorata ad una profonda dimensione spirituale e ispirata ad un autentico “antropocentrismo situato”. Il parametro di misurazione di una democrazia compiuta consiste proprio nel pieno riconoscimento del valore del lavoro e nella sua declinazione in lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Nella logica della dimensione partecipativa, tutti gli attori del mondo del lavoro sono chiamati a questo compito ancora incompiuto e mai scontato. Un compito che resta per le Acli l’originaria e sempre nuova vocazione. Per poter dire ancora, senza vergognarci, buon lavoro.
La via della sostenibilità
Il mondo è messo a ferro e fuoco. Ucraina, Israele e Palestina, e altre decine di conflitti in una terza guerra mondiale denunciata non più solo dal malato e anziano Pontefice, ma conclamata ormai dall’evidenza tragica dei fatti, che si impone manifesta anche nelle drammatiche e non più celabili conseguenze socio economiche. Ferro e fuoco. Tragica e folle combinazione bellica, che oltre a mietere vittime innocenti anche tra i civili, alimenta le fiamme climatiche nelle quali è avvolto da tempo il pianeta, senza che la politica globale riesca ad accettare di assumersi le proprie responsabilità[5].
Siamo di fronte ad un mondo ineguale e diviso. Il caos climatico sta alimentando il fuoco dell’ingiustizia. Il riscaldamento globale sta distruggendo i bilanci, facendo lievitare i prezzi dei prodotti alimentari, sconvolgendo i mercati energetici e alimentando una crisi del costo della vita. Il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura, con conseguenze che ricadono soprattutto sulle fasce più vulnerabili della popolazione mondiale, con una stretta connessione tra il problema ambientale e quello sociale. L’ecologia integrale “predicata” da papa Francesco ci dice che siamo inestricabilmente legati a tutti gli altri viventi e non viventi sul pianeta. Nella recente esortazione apostolica Laudate Deum, riprende e sviluppa temi già affrontati nelle sue due encicliche più note, Laudato si’ e Fratelli tutti, quali l’urgenza di affrontare la crisi sociale e ambientale, l’ascolto della scienza, la critica al paradigma tecnocratico, la volontà di costruire un “noi” in grado di prendersi cura della casa comune, mediante il lavoro delle istituzioni internazionali e il protagonismo della società civile.
Nell’esortazione il Pontefice ci invita a cambiare stili di vita, a fare comunità e a spingere dal basso sulla politica per una vera conversione ecologica. La contemporanea scienza del clima e la visione moderna e sistemica delle interconnessioni che esistono sul nostro pianeta ci devono spingere verso la strada della cura reciproca. Possiamo ancora prevenire lo schianto planetario e l’incendio. Abbiamo le tecnologie per evitare il peggio del caos climatico. Abbiamo bisogno di leadership, cooperazione e volontà politica. Con scelte determinate: non possiamo salvare un pianeta in fiamme con un idrante di combustibili fossili. Dobbiamo accelerare una transizione giusta ed equa triplicando le energie rinnovabili, raddoppiando l’efficienza energetica e portando energia pulita a tutti entro il 2030.
Il valore peculiare e centrale dell’essere umano, affermato dalla tradizione giudaico-cristiana, deve essere oggi interpretato nella forma di un “antropocentrismo situato” fondato sulla consapevolezza che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Questa visione relazionale pone fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato e permette di comprendere la nostra umanità in maniera più umile e più ricca. Si tratta di cambiare paradigma per trasformare la cultura del consumo e lo stile di vita irresponsabile legato al modello occidentale, attraverso scelte personali e comunitarie, spirituali e sociali in grado di plasmare un diverso approccio alla vita, decidendo di attivarci per cambiare stili di vita, modificando il nostro sguardo sulla realtà e sugli altri, nella logica della fraternità come paradigma politico.

 

Spiritualità, vita interiore profonda


L’esigenza e l’urgenza di un nuovo umanesimo, per il quale ci impegniamo, sono fondate sulla centralità della persona «immagine di Dio» e sulla conseguente dignità inalienabile della persona umana, libera e responsabile. È l’idea che papa Francesco ha consegnato alla Chiesa italiana: «Gesù è il nostro umanesimo... Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda»[6]. Sentiamo la necessità di ribadire con forza la piena condivisione e il sostegno alla linea di Papa Francesco, nell’impegno di promuovere, insieme al Magistero del nostro Vescovo Pierantonio, la prospettiva di una Chiesa che si rinnova secondo il Vangelo della gioia[7].
L’Umanesimo torna attuale perché si è riaperto, in maniera drammatica e in forme del tutto nuove, a causa della pandemia, dei conflitti globali e dell’Intelligenza Artificiale, il problema della condizione umana. Le disuguaglianze che riscontriamo nel mondo e nelle trame delle storie personali e comunitarie sono un riflesso della disumanizzazione delle relazioni che caratterizza la nostra epoca. Parlare di nuovo umanesimo significa essere coscienti del cambiamento d’epoca in cui ci troviamo e della conseguente esigenza di cercare soluzioni condivise e di largo respiro, seguendo il metodo offerto dalla Dottrina sociale della Chiesa: “vedere-giudicare-agire”[8].
Papa Francesco ci ha invitati ad assumere uno stile cristiano[9], riconoscendo nella pro esistenza di Gesù di Nazareth l’essenza autentica della fraternità e dell’essere operatori di pace. È quell’amore totale per il prossimo che dà senso compiuto alla spiritualità della politica, diventando apertura, accoglienza e accompagnamento dell’umano. L’umanità è una, di essa fanno parte religione e irreligione. Per credenti e non credenti è comunque possibile la via della spiritualità. È possibile la vita interiore profonda, la creazione di bellezza tra le persone. Quella bellezza che anche grazie alle Acli abbiamo imparato a riconoscere e vivere.
L’immersione totalizzante dell’esperienza associativa è prima di tutto la possibilità di vivere una comunità politica. Anche se personale, non è mai solo un’esperienza individuale. Perciò la spiritualità associativa più profonda consiste proprio nel senso autentico della politica, in quel “sortirne insieme” dai problemi della vita che se condivisi diventano opportunità umanizzante, limiti che aprono ad ulteriori infiniti spazi dell’umano. La politica è essenzialmente esperienza di Amore, nell’esistenza protesa verso l’altro sempre eccedente. Allora prendono forma i connotati della spiritualità politica: il senso del potere come servizio, della parola come ascolto attivo, del discernimento come atto di libertà. Il senso di Dio, che sta nella tenerezza dell’impotenza. Il senso della povertà, che sta nel non bastare a se stessi. Il senso della Pace, che c’è già.
 


L’essenziale è invisibile agli occhi


Mi sono soffermato su alcune parole. Sono le nostre parole, fedeltà antiche e sempre nuove: Lavoro, Democrazia, Vangelo, declinate nell’attualità del tempo e nella concretezza dell’impegno. Sostenibilità, partecipazione, fraternità. Ma ancora giustizia sociale, comunità e spiritualità. Sono sfide, ma anche opportunità: di fronte c’è un sentiero che si apre e che si può percorrere solo insieme.
Con il Congresso si chiude un mandato associativo e, al termine di un quadriennio impegnativo, è doveroso tratteggiare un bilancio associativo. In questi anni abbiamo portato avanti la linea che il Congresso del 2020 ci aveva consegnato, attraversando e interpretando con speranza i continui mutamenti della realtà, senza chiuderci nelle sicurezze di una pur bella storia associativa. Sul periodo del Covid-19 mi limito a riconoscere, pur nelle dolorose difficoltà vissute, una straordinaria capacità di tenuta del sistema associativo, vorrei dire della comunità delle Acli, consentendoci di reagire e crescere umanamente e come organizzazione. In questi anni abbiamo affrontato sfide dolorose come quella democratica interna a livello nazionale del 2020, assumendoci la responsabilità di una ricucitura paziente e scegliendo la logica del dialogo per un processo di pacificazione; sfide strategiche come lo sviluppo associativo nel cambiamento d’epoca, anche dentro il rinnovato contesto normativo di settore; sfide sociali come quelle affrontate con i nostri principali servizi di Patronato e CAF per continuare a stare con competenza e passione dalla parte della gente; sfide di sostenibilità come la scelta di risolvere la storica esperienza della ristorazione collettiva con la cooperativa “G. Agazzi”; sfide politiche, presidiando le questioni concrete che la realtà pone di fronte, interpellando la politica, anche grazie alla storica rivista Battaglie Sociali; sfide ecclesiali, come il Sinodo nel quale ci siamo immersi; sfide culturali, affrontate con generative proposte formative per l’educazione di libere e responsabili coscienze critiche nella comunità.
Abbiamo tentato di incidere sulla realtà portando avanti, non senza difficoltà, ma con passione le nostre opere, attraverso i Servizi e le Imprese sociali che promuoviamo e che negli anni hanno ottenuto il riconoscimento di centinaia di migliaia di persone per le quali restiamo un punto di riferimento. E questo è stato possibile perché il Sistema delle Acli bresciane si è costruito negli anni come una comunità politicamente coesa ed economicamente sostenibile, grazie all’impegno e alla dedizione di centinaia di aclisti. Ognuno con il proprio ruolo: biografie e storie che si intrecciano per attrazione e danno luogo ad un tessuto, ad un ordito, che si sostanzia nei nostri circoli, nei nostri servizi e imprese sociali, nelle nostre associazioni specifiche, che qui brevemente cito con riconoscenza.
I servizi e le imprese sono uno strumento di tutela e utilità sociale, di offerta di lavoro, di competenza tecnica. Le nostre collaboratrici e collaboratori hanno mostrato uno straordinario senso di appartenenza e di dedizione. Permettetemi qui un ringraziamento particolare ai nostri Direttori e all’infaticabile Segretario Generale Marco Menni e al suo staff amministrativo. Mi piace evidenziare anche lo straordinario lavoro svolto dal Presidente delle Acli Lombarde, Martino Troncatti, nella complessa opera di razionalizzazione delle imprese del Sistema Acli regionale che ci vede protagoniste. Alcuni sinceri e doverosi ringraziamenti li esprimerò personalmente nelle prossime settimane, anche se non potrò raggiungere tutte le persone che lo meriterebbero. Sì, perché il nostro Sistema Acli è ricco di tanti “santi minori”, con storie e biografie delicate, commoventi, di dedizione, che ci fanno dire che il nostro carisma è salvo anche grazie a loro. Mi piace ricordare qui l’opera dei Promotori sociali, ai quali va un grazie speciale per il servizio gratuito e silenzioso che hanno ripreso dopo la pandemia in una rinnovata vocazione alla prossimità, rispondendo alle crescenti e multiformi fragilità e istanze delle persone.
Grazie ai volontari delle Associazioni specifiche che, ruotando attorno all'associazione-madre, la rafforzano e le offrono la capacità di penetrare molti contesti. Anche qui vi sono sensibilità tecniche specifiche che offriamo ai nostri concittadini, esperienze sane di turismo, consumo, sport, tempo libero, mondialità, ambiente, pace, volontariato e lo facciamo per tutti: donne, giovani, pensionati, stranieri... perfino gli inquilini!
E infine i nostri circoli: quelli che a volte sono in crisi, che fanno un po' di tutto, che animano il quartiere, che cercano i giovani e si preoccupano dei gestori dei bar. I circoli e le Zone sono un'infrastruttura sociale del territorio: vorremmo fossero tutti dei punti della comunità, luoghi di riferimento della socialità, posti dove “lì sanno come si fa”. In questi anni ci siamo impegnati a cercare insieme a loro nuovi significati, idee, iniziative, mestieri. Cogliamo l'occasione per ringraziare le donne e gli uomini che hanno dato vita a “cose nuove”, con coraggio e desiderio di provare. L'animazione delle comunità e la ritessitura dei legami sociali è la nostra sfida più decisiva: il circolo va sostenuto da tutto il sistema, perché il circolo è l'articolazione territoriale dell’intero Sistema. Come associazione abbiamo partecipato a molti progetti[10], abbiamo aderito a molte campagne[11], alcune delle quali forse non sarebbero state possibili senza il nostro sostegno, abbiamo continuato a sostenere iniziative ed eventi, convegni e formazione, marce e raccolta firme[12]. Abbiamo cercato di coinvolgere e di farci attraversare, sperimentando contaminazioni e alleanze generative. In questo c'è un rapporto speciale tenuto con le persone che concretamente amministrano le tre fedeltà: (alla democrazia) gli amministratori pubblici, i parlamentari, i partiti; (ai lavoratori) il sindacato, l'associazionismo, il Terzo settore, i diversi forum, imprese e consorzi; (alla Chiesa) la Diocesi, le parrocchie, le aggregazioni laicali del mondo cattolico. Come sistema abbiamo costruito reti e partecipazioni[13]. Le Acli cercano di essere un corpo sociale unito: un unico corpo fatto di servizi, di idee, di progettazione sociale. È in questo senso che i nostri servizi e le nostre imprese assumono una particolare valenza politica. Come auspichiamo per tutto il Terzo settore, non solo una dimensione d'impresa, ma esperienze di sussidiarietà, di solidarietà, di amicizia sociale, di attenzione concreta al territorio: passare dai bisogni ai diritti.
Sono onorato di aver presieduto una realtà sociale che si è messa al servizio della comunità attraverso il lavoro spesso nascosto di molte collaboratrici e collaboratori e tanto tanto volontariato. I progetti migliori sono stati quelli condivisi e che perdurano nel tempo, che fossero servizi assistenziali, fiscali, sociali o formativi, resi possibili da solidità economica, affidabilità gestionale, serietà professionale, gratuità dell’impegno associativo, generatività di classe dirigente, libertà del confronto di idee della comunità politica.
Ho sperimentato che la forza delle Acli bresciane sta nella linea dell’arco, più che nelle singole pietre, per parafrasare Calvino. Sta nella libertà dei diversi di scegliere continuamente di stare e camminare pervicacemente insieme per il bene comune. Anche per questo nutro speranza per il nuovo gruppo dirigente che verrà avanti e che saprà interpretare le Acli con onore, lasciando spazio alla creatività delle giovani generazioni e delle donne.
Siamo abituati a misurare e valutare le esperienze troppo spesso secondo una mera logica quantitativa. Tuttavia credo che il risultato migliore di questi quattro anni di Presidenza sia per lo più invisibile agli occhi o addirittura ancora da venire. Con le straordinarie persone che mi hanno accompagnato nell’esercizio di responsabilità e governo delle Acli bresciane, abbiamo investito le migliori energie nella tessitura di relazioni e legami, nella formazione di coscienze critiche e libere, nella seminagione di principi vitali di partecipazione e democrazia, nella appassionata dedizione e attenzione al lavoro, nell’ascolto di una Parola che si incarna nella realtà, in infinite esperienze di un “fare pensato”.
L’essenziale delle Acli sta nelle relazioni tra persone, nei legami di senso che qualificano le concrete esistenze che si mettono a disposizione per la comunità o che hanno bisogno di non restare sole di fronte ai problemi della vita. Nelle trame di queste relazioni di servizio e di accompagnamento si compie la silenziosa e generativa tessitura dell’umano, la fraternità come paradigma politico, l’incontro con l’alterità che nella prossimità si fa simile e fraterna. In queste trame si crea il tessuto sociale, il respiro della politica che dà ossigeno alla convivenza tra i diversi, la libertà che si scopre infinita nel limite della realtà, la speranza che il Tutto è già compiuto. E, in definitiva, si genera un senso di Pace. Nonostante tutto.
Ecco, il bilancio di mandato è tanta, tanta Grazia, che per sua natura è sovrabbondante: ho incontrato e conosciuto persone, che mi hanno permesso di crescere e mi hanno amato, persone che ho accompagnato e stimato, con le quali mi sono confrontato e ho condiviso valori, responsabilità e passione per l’umano. Le relazioni con queste persone, alcune delle quali sono già in cielo, mi hanno aiutato a comprendere che è proprio negli affanni del quotidiano di un’esistenza normale che si misura il senso più autentico del nostro cammino comune. La fraternità come categoria politica è possibile ed è l’antidoto più efficace contro gli orrori della storia.
Per questo devo dire tanti “grazie”. Lo faccio condividendo, per esperienza, la chiosa che il Santo Padre, nell’Udienza già più volte citata, ha voluto donarci come riconoscimento: “Le ACLI sono un luogo dove è possibile incontrare dei “santi della porta accanto”, che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma a volte cambiano concretamente le cose, in bene!”[14]
Un riconoscimento certo o forse ancora un “grande compito”[15] che, rinnovandosi, ci rinnova.






[1] Costituzione italiana, Principi fondamentali, Art. 11: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
[2] Papa Francesco, Omelia, 1° gennaio 2023: “…per accogliere Dio e la sua pace non si può stare fermi, non si può stare comodi aspettando che le cose migliorino. Bisogna alzarsi, cogliere le occasioni di grazia, andare, rischiare. Bisogna rischiare”.

[3] Papa Francesco, Messaggio alle Acli nell’Udienza del 23 maggio 2015: “Il vostro impegno abbia sempre il suo principio e il suo collante in quella che voi chiamate ispirazione cristiana, e che rimanda alla costante fedeltà a Gesù Cristo e alla Parola di Dio, a studiare e applicare la Dottrina sociale della Chiesa nel confronto con le nuove sfide del mondo contemporaneo. L’ispirazione cristiana e la dimensione popolare determinano il modo di intendere e di riattualizzare la storica triplice fedeltà delle Acli ai lavoratori, alla democrazia, alla Chiesa. Al punto che nel contesto attuale, in qualche modo si potrebbe dire che le vostre tre storiche fedeltà – ai lavoratori, alla democrazia e alla Chiesa – si riassumono in una nuova e sempre attuale: la fedeltà ai poveri”.

[4] Si veda a riguardo la sintesi Report narrativo 2020-2024, pubblicata sull’ultimo numero di Battaglie sociali.

[5] Papa Francesco, Messaggio alle Acli nell’Udienza del 1 giugno 2024.

[6] Papa Francesco, Messaggio alle Acli nell’Udienza del 1 giugno 2024: “…a fronte di visioni culturali che rischiano di annullare la bellezza della dignità umana e di lacerare la società, vi invito a coltivare «un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Lett. enc. Fratelli tutti, 6). È il sogno di San Francesco di Assisi e di tanti altri santi, di tanti cristiani, di tanti credenti di ogni fede. Fratelli e sorelle, sia anche il vostro sogno!”

[7] A questo proposito le Acli stanno promuovendo due Proposte di legge di iniziativa popolare: “Disposizioni sull’applicazione del metodo democratico e della trasparenza dei partiti politici e sul finanziamento pubblico diretto alla partecipazione politica” e “Misure in materia di partecipazione, istituzione delle Assemblee partecipative e modifiche agli istituti partecipativi” – riferimenti in https://www.acli.it/la-tua-politica/

[8] Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Inail per la cerimonia in memoria delle vittime del lavoro, il 6 maggio 2024: “Ogni morte sul lavoro è inaccettabile. Il contrasto alla piaga degli infortuni sul lavoro è un tema prioritario, per il quale è necessario un impegno determinato ed efficace. Non possiamo accettare lo stillicidio continuo delle morti, provocate da incurie, da imprudenze, da rischi che non si dovevano correre. Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile. Ciascuna di esse, anche una sola, è inaccettabile”.

[9] Per tenere viva la speranza, ci aggrappiamo al richiamo del Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres durante la Cop28 di Dubai: “Proteggere il nostro clima è la più grande prova di leadership a livello mondiale. Il destino dell’umanità è in bilico. Siamo a chilometri dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e a pochi minuti dalla mezzanotte per il limite di 1,5 gradi. Ma non è troppo tardi”.

[10] Discorso di Papa Francesco durante l’incontro con i rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana – Firenze, 10 novembre 2015

[11] Cfr. Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale - 2013.

[12] Papa Giovanni XXIII, Lettera enciclica Mater et Magistra, n. 217 – 1961.

[13] Papa Francesco, Messaggio alle Acli nell’Udienza del 1 giugno 2024: “Assumere uno stile cristiano, allora, vuol dire non soltanto prevedere che nei nostri incontri ci sia un momento di preghiera: questo va bene, ma dobbiamo fare di più; assumere uno stile cristiano vuol dire crescere nella familiarità con il Signore e nello spirito del Vangelo, perché esso possa permeare tutto ciò che facciamo e la nostra azione abbia lo stile di Cristo e lo renda presente nel mondo”.

[14] Alcuni con partecipazioni indirette: citiamo – solo a titolo di esempio – il tema della formazione professionale con la Fondazione Enaip Lombardia e il Centro di Formazione Professionale “Rodolfo Vantini”, il tema della casa e dell'housing sociale con Immobiliare Sociale Bresciana, dell’accoglienza dei migranti con Infrastrutture sociali.

[15] Citiamo ad esempio la campagna per il disarmo nucleare #Italiaripensaci con ICAN per l’adesione al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, la campagna Io accolgo, la campagna Ero straniero.

[16] Si pensi ai tanti Corsi ABC di formazione alla politica, gli apprezzatissimi corsi di geopolitica Fabula mundi, alle capillari iniziative informative e pedagogiche sulle riforme costituzionali, ai convegni su Lavoro e welfare, agli Incontri di spiritualità Ora et labora in tempo di Pasqua, alla consolidata e meravigliosa esperienza di Per…corri la pace, alla suggestiva esperienza di Attraversare la notte, al bellissimo progetto REBUS per il Recupero Eccedenze Beni Utilizzabili Solidalmente, alle annuali Marce della Pace a Brescia e in Valtrompia e a molto altro.

[17] Elenchiamo – a titolo esemplificativo – partecipazioni sociali come il Forum del Terzo Settore, il Forum delle associazioni familiari, la Confcooperative, il Centro Servizi per il Volontariato, il Consorzio Koinon, l’impresa sociale Connessioni; partecipazioni ecclesiali come la Cdal, il Consiglio pastorale diocesano; partecipazioni imprenditoriali-sociali come Conast, Matel, Labor, Isb, La Vela, Rete sociale tributi, La Nuvola nel Sacco e altre ancora.

[18] Papa Francesco, Messaggio alle Acli nell’Udienza del 1 giugno 2024.

[19] Achille Grandi, fondatore delle Acli, in un Discorso alla DC del 25 settembre 1945: “Non so se faremo un tentativo destinato a fallire o se faremo un esperimento di portata storica. Abbiamo il merito di aver affrontato un grande compito”.
 
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