Primo maggio. Pace, lavoro e dignità

Mercoledì 27 aprile 2022

Il documento delle Acli bresciane per la Festa del Lavoro 2022

 

A volte ce lo dimentichiamo, ma il lavoro è fondante. Oggi non è solo un’emergenza politica o sociale, è dentro alla struttura fondamentale della fede. Il lavoro è fondamento assoluto della fede, perché Dio è un lavoratore. La missione dell’uomo è dunque il lavoro e la nostra Costituzione lo ribadisce in modo netto, ricordando che la centralità è della persona.

(don Giovanni Nicolini, “Il Canto dei poveri dà ritmo al mio passo”)

 

 

Fino a pochi anni fa i diritti dei lavoratori, conquistati da chi ci ha preceduto, sembravano dati per sempre e che non sarebbe stata possibile una loro messa in discussione; si pensava che si potesse solo migliorare il livello di garanzie e tutele, di sicurezza e salari.

 

Fino a pochi mesi fa, a quasi ottant’anni dalla seconda guerra mondiale e a trenta dalle guerre jugoslave, pensavamo e speravamo che la guerra non fosse più un’opzione per l’Europa.

 

In entrambi i casi la realtà si è presa la briga di smentirci. In Ucraina risuonano le eco sinistre degli armamenti ed è morte, sofferenza, devastazione; nel mondo del lavoro ogni giorno assistiamo alla messa in discussione di diritti e tutele oltre all’avanzata della precarietà.

 

Ancora una volta profeticamente, Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace di quest’anno, indica il lavoro tra le vie per la costruzione di una pace duratura. Perché è strumento per una piena realizzazione della dignità umana. Perché è il luogo in cui impariamo a collaborare con l’Altro. Perché è l’attività con cui contribuiamo a un mondo migliore.

 

Già prima della pandemia e della guerra, il mondo del lavoro era attraversato da difficoltà, trasformazioni, nuove sfide, problematiche che questi tragici eventi hanno accentuato e stanno rischiando di far esplodere in maniera ancora più drammatica.

 

Nel nostro Paese assistiamo a fenomeni contradditori e difficili da interpretare. Si riscontra un recupero quantitativo di posti di lavoro ma una involuzione dal punto di vista qualitativo; si sta accentuando l’annoso mismatch tra domanda e offerta di lavoro, con aziende che non trovano lavoratori e disoccupati che non hanno impiego; in aggiunta, ultimamente, si assiste al fenomeno delle “grandi dimissioni”, con un elevato numero di persone (spesso giovani) che lascia il lavoro. Secondo il Ministero del lavoro, infatti, nel 2021 si sono registrati 2 milioni di abbandoni volontari, con un incremento del 33% sul 2020 e si stima che tali numeri possano crescere. Tra i motivi: un desiderio di maggior qualità della vita e di bilanciamento tra questa e l’attività lavorativa. Poi ci sono i “lavoretti” e i “contrattini”, contratti di lavoro a termine sempre più brevi, spesso di pochi giorni: nel 4° trimestre del 2021 meno dell’1% dei rapporti di lavoro precari attivati supera l’anno, oltre il 13% è di un solo giorno, mentre solo poco meno del 40% arriva al mese. Un mercato del lavoro contraddistinto da frammentarietà e precarietà.

 

I lavoratori, in particolare i giovani, appaiono sempre più vulnerabili e si accentua l’incertezza, che coinvolge anche le famiglie, con prospettive a volte drammatiche.

 

Come ci indica ancora Papa Francesco, la risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso: un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Il lavoro infatti è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità. A noi, “artigiani della pace”, Francesco assegna il compito di unire le idee e gli sforzi per cooperare ad indicare agli “architetti della pace” come si possano creare le condizioni e trovare soluzioni affinché ogni persona abbia la possibilità di contribuire, con il proprio lavoro, alla vita della famiglia e della società. È più che mai urgente che le istituzioni promuovano, in tutto il mondo, condizioni lavorative decenti e dignitose. E, da artigiani della pace, se crediamo che “la guerra è una pazzia”, non possiamo esimerci dal mettere in discussione la produzione e il commercio delle armi. Se vogliamo la pace dobbiamo rinunciare alle armi e smettere di giustificarne la produzione con la salvaguardia dei posti di lavoro, per i quali la storia dimostra la possibilità di riconversione.

 

 

Vai alla pagina con le iniziative realizzate dai Circoli per la Festa del lavoro 2022

 

Guarda gli auguri del Presidente regionale Martino Troncatti per la festa del lavoro.

 

 

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