Da anni buttiamo miliardi di euro per i cacciabombardieri F35, invece di pensare al lavoro, all’ambiente, alla salute, all’istruzione. Aiutaci a fermare questo folle spreco di soldi (pubblici). Il comunicato congiunto delle reti alle quali le Acli aderiscono.
Entro il 2020 l’Italia dovrà decidere in via definitiva (aderendo o meno ai contratti "multi-year") se acquistare tutti i 90 cacciabombardieri F-35 previsti dal piano di acquisizione. Al momento attuale il Governo ha confermato che verranno sicuramente confermati i primi 28 velivoli previsti (alcuni dei quali ancora in produzione e contratti annuali sottoscritti solo per le fasi iniziali).
Se si continuerà su questa rotta il costo, di solo acquisto, per lo Stato sarà di (almeno) ulteriori 10 miliardi di euro.
Negli anni recenti (ed anche grazie alle nostre mobilitazioni) in molti hanno chiesto di mettere fine all’avventura dei cacciabombardieri F-35: associazioni e movimenti, esponenti del mondo della Chiesa e della politica, della cultura e dell’arte, del mondo del lavoro.
A chi sta al Governo e in Parlamento diciamo: quei soldi spendeteli per la pace, per i diritti, per il lavoro. Spendeteli per il futuro di questo Paese: per l’istruzione, la sanità, l’occupazione. Gli F-35 non creano un lavoro davvero dignitoso e certamente non nella misura ottenibile investendo tutti questi miliardi in altri settori.
Chiediamo al Parlamento e al Governo di mettere la parola “fine” a questa sciagurata avventura. Che si può ancora fermare: dipende anche da tutti noi.
In gioco fin da subito 3,7 miliardi che potrebbero arrivare a 10 (per solo acquisto). Se non si cambierà rotta. Le alternative possibili: welfare, lavoro, istruzione, diritti, ambiente.
A dieci anni di distanza dal voto in Parlamento (dell’aprile 2009) che aveva sancito la partecipazione italiana al progetto JSF (Joint Strike Fighter) viene rilanciata la campagna della società civile italiana contro l’acquisto dei cacciabombardieri F-35.
Ripresa congiuntamente da Rete italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci! e Rete della Pace la nuova fase di mobilitazione ha come obiettivo la richiesta a Governo e Parlamento di uno stop definitivo della partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter. Un impegno che, dopo i primi 4 miliardi già spesi e almeno 28 velivoli già acquisiti o in produzione, costerà - se confermato - almeno altri 10 miliardi di euro, destinati ad aerei d’attacco e con capacità nucleare costellati da problemi e ritardi.
I soldi che si dovrebbero ancora spendere per gli F-35 nei prossimi 10 anni si potrebbero investire in maniera alternativa, con scelte che andrebbero davvero a vantaggio degli italiani. Alcuni esempi di tali alternative sono: 100 elicotteri per l'elisoccorso in dotazione ai principali ospedali, 30 canadair per spegnere gli incendi durante l’estate, 5.000 scuole messe in sicurezza a partire da quelle delle zone sismiche e a rischio idrogeologico, 1.000 asili nido pubblici a favore di 30.000 bambini oltre a 10.000 posti di lavoro per assistenti familiari nel settore della non autosufficienza...
Tra il 2019 e il 2020 anche il nostro Paese come tutti i partner del programma JSF dovrà decidere se sottoscrivere un contratto di acquisto pluriennale, diverso dagli acquisti annuali flessibili che sono stati condotti finora per ci troviamo di fronte allo snodo fondamentale: dopo tale passaggio non sarà più possibile tornare indietro e risparmiare alcun euro, anzi il continuo lievitare dei costi ci costringerà ad aumentare anche i fondi attualmente stanziati. Facciamo dunque appello a chi ha sempre dichiarato la propria contrarietà agli F-35: abbiate coraggio di una decisione che porterà benefici veri al Paese.