L'energia della pace
di Pierangelo Milesi (presidente provinciale Acli)
L’Europa è sprofondata nel buio pesto di una guerra assurda e ingiustificabile, come lo sono tutte le guerre. L’invasione dell’Ucraina, da tempo pianificata e poi ordinata da un autocrate criminale, è da condannare con tutta la nostra forza. La responsabilità della guerra in Ucraina è tutta di Putin (e ne risponderà certamente alla Storia!), ma la responsabilità della pace è di tutti. E la Storia ne chiederà conto anche a noi.
Nel buio pesto della guerra, tocca all’Unione europea accendere la luce della pace. Sappiamo quanto costa cara l’energia elettrica e forse dovremo imparare a risparmiarne un po’, ma in questo caso non bisogna badare a spese! Serve tutta l’energia della Pace che abbiamo: è la nostra vera potenza. Magari non abbiamo molte altre fonti energetiche e dipendiamo troppo (con responsabilità!) da altri fornitori, ma certo siamo l’unica realtà che può e deve meglio sfruttare la fonte di energia rinnovabile, pulita e sostenibile, che è la pace.
Accendiamo questa luce, solo così possiamo ritrovarci e riconoscerci. Perché nel buio pesto, ci si perde, si ha paura e si diventa violenti. E si muore. Questa guerra non è solo nei confronti del popolo ucraino, ma dell’intero sistema di valori che fonda la convivenza europea. Il progetto dell’Unione, ancora fragile e incompiuto, nasceva dall’energia del carbone e dell’acciaio, ma soprattutto dall’energia della pace, che sola garantisce libertà e futuro. Nei confronti del martoriato popolo ucraino, violato dalla Russia, l’Unione europea ha reagito compatta, esprimendo una solidarietà attiva e pragmatica, ma con un’efficacia diplomatica ancora troppo debole. Nel contesto internazionale globale non possiamo più prescindere da una forte e strutturata Unione finalmente politica, che si doti di comuni strumenti di relazioni esterne e di sicurezza. Serve completare il progetto degli Stati Uniti d’Europa.
Per i credenti, la pace è il primo dono del Risorto. Perciò la invochiamo. E pur essendo un dono, sappiamo che ha anche un costo. Gli investimenti che richiede li conosciamo: cultura, formazione, dialogo, buone regole economiche, giustizia sociale, sostenibilità ambientale, disarmo nucleare. E, soprattutto, fraternità. La pace costa, ma rende. Rende possibile il futuro. Per il resistente e valoroso popolo ucraino il costo della pace equivale al valore della libertà e addirittura alla stessa sopravvivenza. La vita del più debole va sempre difesa e sostenuta. Non solo dopo o durante, anche prima. Non solo qui, ma in tutte le guerre. La pace si prepara con la pace. Con la giustizia sociale e ambientale. Con lo sviluppo sostenibile e integrale, di cui tutti ci dobbiamo sentire responsabili. La grave emergenza legata all’escalation della guerra in Ucraina sta impartendo una forte accelerazione al processo di transizione energetica, al quale abbiamo dedicato questo numero di Battaglie sociali. Nell’emergenza facciamo tutto quello che si può fare. Ma si tratta di misure a tempo. I combustibili fossili come carbone, petrolio e gas sono fonti transitorie. Al momento sono necessarie per andare avanti, ma non vanno bene per il futuro. E la chiave di tutto è certamente una fortissima accelerazione sulle fonti rinnovabili. La Germania ha deciso di produrre il 100% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035. Lo scorso anno l’Olanda ha istallato 3 GW fotovoltaici e l’Italia 0,8. Noi siamo troppo indietro e il conflitto in Ucraina ci sta presentando il conto. Dobbiamo agire rapidamente, coerentemente con gli impegni presi e le risorse che ci arrivano dall’Europa per accelerare la transizione verde e in difesa degli interessi nazionali del Paese e del futuro. Che vogliamo alimentare con l’unica vera energia che ci può tenere in vita. L’energia della pace.
Una guerra anche nostra
di Daniela Del Ciello
Che abitiamo un mondo interconnesso è ormai cosa assodata ai più, e le minacce che quindi rischiano di riguardarci a livello globale saranno sempre di più. Non siamo ancora usciti da una pandemia, e ci ritroviamo sul ciglio di una guerra che solo sulla carta riguarda solo Russia e Ucraina.
Già la pandemia avrebbe dovuto insegnarci che gli interessi individuali, a volte anche qualche libertà, si possono e si devono ridimensionare se è per un bene collettivo maggiore. Vale anche per la salvaguardia dell’ambiente e i nostri stili di vita personali, così difficili da modificare, ma in fondo così importanti, per ottenere un beneficio letteralmente planetario. Allo stesso modo, la delicatissima situazione internazionale che stiamo vivendo ci ricorda che siamo una comunità di destino, su questa terra, e che per più o meno complesse dinamiche energetiche, politiche, geopolitiche, finanziarie e speculative, la Russia invade l’Ucraina e a noi si raddoppia la bolletta del gas e i carburanti hanno prezzi del 25% più alti rispetto a un anno fa.
Prima dell’invasione, la crisi energetica era già in atto. Questo numero doveva essere dedicata a quella e alla legittima preoccupazione che gli aumenti destavano a imprese e cittadini italiani. In pochi giorni le priorità, non solo editoriali, sono state stravolte, letteralmente “bombardate”. Il Covid è scivolato di molte pagine dalle prime in cui era stato protagonista negli ultimi due anni. I rincari di cui ci si lamentava al bar o col vicino in ascensore non smettono di preoccuparci – ne parliamo anche noi – ma lo facciamo quasi con pudore, più o meno consapevoli che dobbiamo per ora ancora essere grati alla pace che l’Europa ha scelto ormai da decenni. Una scelta che evidentemente non è mai definitiva: come l’amore, va confermata ogni giorno, anche quando costa fatica. Osservando le immagini delle città e delle famiglie ucraine ugualmente distrutte dalla guerra, dobbiamo allenare la nostra empatia a pensare che sia un prezzo ragionevole per la solidarietà che dobbiamo a un paese che dista meno di mille km da qui e che vorrebbe avere la nostra democrazia e la nostra libertà. E con lo stesso spirito accettare che le sanzioni che abbiamo imposto al paese che ha iniziato questa guerra, la Russia, hanno un costo anche per noi, ancora non facilmente quantificabile.
Questo non significa, però, non prendere le dovute misure per mitigare queste conseguenze che toccano i cittadini italiani e le loro imprese. Lo dobbiamo ai cittadini più fragili, quelli per cui una bolletta più alta comporta rinunce dell’essenziale e non del superfluo, lo dobbiamo a quelli che rischiano di non lavorare più, perché per le imprese è più conveniente fermarsi che produrre a queste condizioni.
La fraternità che proviamo per il popolo ucraino e per quei cittadini russi che non possono esercitare il dissenso verso una guerra che non condividono non esclude quella per i nostri concittadini in difficoltà.
L’interconnessione è un fatto. La fraternità, una speranza. Alla politica toccano le scelte.
In questo numero di Battaglie Sociali
Filo Rosso
In piedi, costruttori di pace (di Paolo Ferrari)
Mettete del Gas nei vostri cannoni (di Michele Brunelli)
Guerra, energia e transizione verde (di Fabio Scozzesi)
I segni dei tempi
Scusi, presidente (di Stefania Romano)
Fatti non foste
L'ascolto è la strada, la risposta il cammino (a cura della Redazione)
Librarti
di Antonella Olivari e Maurilio Lovatti
Annales
di Salvatore Del Vecchio
Patronato
di Massimo Calestani
Sportello Lavoro
di Fabrizia Reali
Le prove non finiscono mai
di Luciano Pendoli
Dal risentimento alla guerra: dove sei, uomo?
di mons. Alfredo Scaratti
e molto altro...