È sera. Piove. L’aria è fredda. I fasti dell’impero austro-ungarico di Trieste sono poco più in là. Vicino alla stazione, Piazza della libertà. Ogni sera quella piazza diventa la “Piazza del Mondo”, un’isola di salvezza per decine di migranti della rotta balcanica, in arrivo dopo estenuanti cammini da Afghanistan, Pakistan, Siria, Bangladesh. Ogni sera una donna, Lorena Fornasir, e il marito, Gian Andrea Franchi, con attiviste e attivisti dell’Associazione Linea d’Ombra, curano i piedi martoriati dei migranti. Il buio del piazzale esalta il colore oro delle coperte isotermiche. Un faro nella notte: è proprio il caso di dirlo. I sorrisi accoglienti dei volontari leniscono le ferite di chi arriva stremato nel corpo e nello spirito.
Gesti di cura che sono gesti politici. Gesti politici che diventano semi di disperata speranza. Gesti civili che hanno un forte significato evangelico. È il dover esserci nonostante tutto. E la consapevolezza che ciascuno può fare la differenza.
È sera. È il 20 dicembre. Un’altra piazza. Piazza Loggia, vestita a festa per il Natale imminente, è gremita di donne e uomini che hanno voluto riaffermare che Brescia è democratica e antifascista, libera, aperta, solidale e antirazzista. Una risposta corale e pacifica ad alcune iniziative dell’estrema destra che si sono tenute pochi giorni prima in città.
Quella sera (e in ogni altra ricorrenza), deporre fiori in onore dei caduti di piazza Rovetta e di piazza Loggia è stato un gesto politico ma anche un gesto di cura. Cura della memoria, per non dimenticare e impedire altre ferite alla comunità. Cura dei valori costituzionali che stanno alla base della nostra convivenza civile.
Esiste oggi un reale “rischio democratico”? Guardando ai fatti di Brescia, ma più in generale ai comportamenti dal sapore anticamente autoritario (non solo in politica), all’odio per il diverso, agli individualismi e agli egoismi sempre più manifesti, ci sembra di poter dire che la democrazia è in pericolo ma ciò non pare costituire una preoccupazione per l’opinione pubblica. È come se si fossero abbassate le difese immunitarie rispetto a certi temi che, paradossalmente, attraggono consenso, facendo cultura.
Anne Applebaum, giornalista premio Pulitzer nel 2004, scrive di tramonto della democrazia, fallimento della politica e fascino dell’autoritarismo, delineando come nuove realtà politiche emergenti siano volte a cambiare, o addirittura stravolgere, le regole della democrazia occidentale. “Una nuova generazione di élite fautrici di idee illiberali e autoritarie sta ottenendo un crescente consenso tra le masse e, dunque, una maggiore influenza”. Lasciando sullo sfondo gli Stati Uniti e la Russia, e guardando all’Europa, l’Ungheria è oggi governata da partiti apertamente autoritari. L’aumento esponenziale della popolarità dei partiti nazionalisti Vox in Spagna, Rassemblement National in Francia e AFD in Germania sono un’altra conferma. Gli aspetti che determinano la loro presa emotiva sono strettamente legati alla polarizzazione politica e dei social media, alla diffusione di teorie complottiste e di un senso di nostalgia per un passato migliore.
Applebaum sostiene che oggi le autocrazie non sono governate da un solo “cattivo”, ma da reti finanziarie, tecnologiche, legate all’informazione e alla sicurezza che, “superando le faglie ideologiche, geografiche e culturali, da Mosca a Pechino, da Teheran a Pyongyang, si sta stringendo sempre di più attorno alle democrazie moderne, disconoscendone i valori, insinuandosi nelle loro crepe e in quei paradossi irrisolti che l’Occidente, troppo convinto di essere nel giusto, non si è mai deciso ad affrontare. Nessuna vittoria politica è mai definitiva e nessuna élite – populista, liberale, aristocratica – domina per sempre. La storia di ogni grande civiltà include periodi culturalmente illuminati e altri di cupo dispotismo. Anche la nostra storia, un giorno, apparirà così”.
Crisi democratica e disuguaglianze sono sempre più strettamente collegate. Il Rapporto Oxfam 2024 “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata” evidenzia come da un lato, miliardi di persone vivono in povertà, mentre, dall’altro, un numero ristretto di super-ricchi continua ad accumulare fortune a ritmi vertiginosi. “L’incapacità di contenere la concentrazione di ricchezza tende a consolidare il potere nelle mani di pochi e generare paperoni trilionari. Un’inversione di tendenza è necessaria, ma il contesto politico la complica. La precarizzazione economica e la marginalizzazione culturale di ampie fasce della popolazione favoriscono proposte politiche che creano artificiose contrapposizioni tra emarginati e si prodigano nell’imprenditoria della paura. Proposte politiche che si vanno radicando negli Stati Uniti, con la rielezione di Donald Trump, e nel vecchio continente volte a soddisfare obiettivi di identità più che raggiungere effettivi risultati economico-sociali a vantaggio dei propri sostenitori più vulnerabili. Una politica dell’identità che tiene insieme più interessi contrastanti, ma avvantaggia di fatto solo chi è già in posizioni di privilegio. Così, l’obiettivo di un’economia più inclusiva e una società più dinamica ed equa si allontana” (Roberto Barbieri, Direttore generale Oxfam).
È doveroso un cambio di rotta in Italia a partire da politiche di contrasto alla povertà a vocazione universale, maggiore equità del sistema fiscale, politiche a sostegno del lavoro dignitoso. È doveroso anche supportare interventi di riduzione/ristrutturazione e cancellazione del debito dei Paesi a basso e medio reddito, richiamo fatto anche da Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2025.
È sempre più urgente riportare al centro i valori della Costituzione, perfettamente in linea con quelli della Dottrina sociale della Chiesa, con l’intento di recuperare la promozione della democrazia e della partecipazione e la tutela dei diritti sociali e civili.
È possibile farlo partendo dalla cura delle nostre comunità, continuando a essere un riferimento per le persone e le istituzioni attraverso i circoli, i recapiti, gli sportelli, grazie alle numerose iniziative che instancabilmente mettiamo in campo come associazione e in rete con altre realtà, per “continuare in ciò che è giusto” (A. Langer).