Da "Bresciaoggi" di martedì 10 settembre 2013
«Ecco dieci buoni motivi per non sposarsi»
SERVE UNA LEGGE. In vista della 47a Settimana sociale dei cattolici italiani, un curioso decalogo chiede l'istituzione di un sistema che dia un sostegno alle famiglie. Il mancato riconoscimento fiscale delle coppie e delle famiglie di fatto enfatizza la penalizzazione delle famiglie ufficializzate
Non sposarsi, non creare una famiglia. Consiglio o provocazione? È chiaramente una sfida quella lanciata dall'ufficio studi delle Acli provinciali di Brescia, autore del documento «Dieci buoni motivi per non sposarsi in Italia». Una sfida da lanciare, in vista anche della 47a Settimana sociale dei cattolici italiani, a parlamentari e consiglieri regionali bresciani, affinchè si pensi ad un aggiornamento della legislazione vigente e si promuova un disegno di legge che riconosca la famiglia come soggetto privato ma anche pubblico e fiscale. Dieci motivi, dunque, che devono essere intesi come dieci punti su cui riflettere, dieci spunti, perché s'inizi a lavorare concretamente all'istituzione di un sistema che dia un serio e sostanzioso sostegno alle famiglie. Tutto dipende dalla definizione di nucleo familiare e da ciò che ne viene escluso. Il mancato riconoscimento fiscale delle coppie e delle famiglie di fatto sottolinea tale aspetto, enfatizzando la penalizzazione delle famiglie ufficializzate. Si prenda il primo punto della lista «sconsiglia-famiglia», ovvero quello che riguarda l'indicatore Isee, un parametro in grado di valutare la situazione economica di un nucleo familiare. Se due persone sono sposate e hanno due figli, il nucleo sarà composto da quattro soggetti e saranno calcolati i redditi di entrambi i genitori, coniugi. Se i genitori non sono sposati né convivono, la situazione economica della famiglia cambia, perché essa sembra dipendere da un solo genitore con reddito, e così l'Isee sarà più basso. VANTAGGI SOCIALI, fiscali e previdenziali sono così più frequenti per famiglie nate da unioni non ufficializzate, mentre a essere svantaggiate sono le altre famiglie. Allo stesso modo alcuni benefici si possono ottenere nei casi di esenzioni rispetto ai ticket sanitari o per le detrazioni Irpef per i figli a carico. In quest'ultimo caso, le detrazioni spettano a chi abbia almeno un figlio a carico e sono entrambi i genitori a doversi dividere equamente il carico fiscale del figlio. «Questo non è certo quando i due genitori non sono sposati perché nella compilazione della dichiarazione dei redditi esiste l'obbligo di indicare il codice fiscale del coniuge, mentre non esiste nessun obbligo di indicare il codice fiscale del convivente o del compagno» spiega Michele Dell'Aglio delle Acli bresciane, chiarendo che ciò rende arduo il compito dell'Agenzia delle Entrate. Anche per quanto concerne gli asili nido e l'assegnazione di case popolari, una corsia privilegiata è riservata a ragazzi-padri o ragazze-madri e a genitori separati con figli a carico. È ovvio che la regola appaia giusta e condivisibile a chiunque, ma è anche evidente che semplice sia il modo per aggirare tali proposte di aiuto, prestandosi a piccole truffe ai danni dello Stato o di enti privati, ma soprattutto ai danni di chi davvero avrebbe necessità. «Capita di sentire che qualcuno voglia separarsi per poter beneficiare di qualche tipo di sostegno» ammette Roberto Rossini, presidente delle Acli bresciane. «Ovviamente noi lo sconsigliamo» aggiunge, ricordando la natura puramente provocatoria del documento ed estendendo dunque alle nuove generazioni un sottinteso invito a creare famiglie e a far crescere, magari, il tasso di natalità italiano. Tutto ciò nella speranza, intanto, che un faro illumini il lavoro di consiglieri e parlamentari, che la famiglia, nel senso più ufficiale del termine, torni ad essere soggetto centrale e di rilievo nella legislazione e nelle politiche fiscali, previdenziali e sociali.
Federica Pizzuto