«Reddito minimo per chi non ce la fa»

Domenica 20 ottobre 2013

Da "Il Giornale di Brescia" di domenica 20 ottobre 2013

«Reddito minimo per chi non ce la fa»
Il nuovo modello di welfare universale proposto dalla Caritas e dalle Acli Alla Camera una proposta di legge del Pd. «Garantire una vita dignitosa a tutti» 

Un reddito minimo per chi si trova sotto il livello di povertà. Senza distinzioni di categorie, condizioni, passaporto, purché siano accertati il bisogno e la residenza in Italia. Un sostegno per garantire una vita dignitosa e l’esercizio di diritti fondamentali, co- me la salute, lo studio, la casa. Un sussidio motivante, che preveda da parte del beneficiario l’impegno nella ricerca di un lavoro, in ogni caso la disponibilità a rendersi utile verso la comunità. È il Reis, il Reddito di inclusione sociale; oppure il Sia, Sostegno per l’inclusione attiva. Al di là del nome significa una cosa concreta: un nuovo strumento di lotta alla povertà. Nell’Unione Europea siamo gli unici, insieme a Grecia ed Ungheria, a non averlo ancora adottato. Continuiamo ad affidarci agli ammortizzatori sociali e al sistema pensionistico, che però non riguarda tutti ma determinate categorie. Chi non ha mai potuto entrare nel mondo del lavoro, ad esempio, ne è escluso. Parlare di Reis o di Sia vuol dire prefigurare un nuovo welfare: universale, duraturo nel tempo, misurabile nei risultati. Il tema è stato al centro della tavola rotonda di ieri pomeriggio al Parco Gallo nell’ambito della Settimana delle povertà. Moderati da Margherita Rocco, portavoce del Forum Terzo Settore, sono intervenuti l’on. Enza Bruno Bossio (Pd), firmataria di una proposta di legge che introduce il Sia, l’on. Mario Sberna (Scelta Civica), Luciano Gualzetti (referente promozione umana della Caritas lombarda), Roberto Rossini, presidente provinciale delle Acli. La crisi economica ha portato prepotentemente alla ribalta il tema della povertà. In Italia quasi dieci milioni di persone vivono sotto la soglia fissata dall’Istat (3,5 milioni di famiglie). Il welfare attuale, basato sul binomio assistenza-lavoro, è superato. Serve un nuovo modello hanno riconosciuto i relatori, tutti impegnati - nei loro ruoli - a sostenere il progetto. Caritas ed Acli hanno messo a punto l’idea del Reddito di inclusione sociale (Reis); alla Camera dei Deputati, in aprile, sono state presentate due proposte di legge, una di iniziativa popolare e l’altra del Pd (il Sostegno per l’inclusione attiva). Progetti ispirati tutti agli stessi principi.
Finora, ha spiegato Roberto Rossini, gli interventi adottati nel nostro Paese sono stati temporanei (quindi senza possibilità di correzione) e non misurabili nell’efficacia. Serve una svolta con politiche durature e verificabili, estese a tutti i poveri residenti in Italia. Il sussidio «deve essere erogato dall’Inps, ma gestito dai centri dell’impiego, dai Comuni, dagli enti del Terzo settore». Secondo un principio di sussidiarietà, che favorisca l’impegno di chi riceve il contributo per uscire dalle difficoltà. «In quattro anni - ha detto Rossini - si potrebbe introdurre questa misura gradualmente, partendo il primo anno da chi sta peggio». A regime servirebbero 6 miliardi, da aggiungere ai 18 che ogni anno lo Stato sborsa per gli ammortizzatori sociali.
Il reddito minimo, ha sottolineato l’on. Bossio, «non è una utopia, un sostegno caritatevole, ma la possibilità di garantire un’assistenza dignitosa». Di Reis e Sia si è discusso in una commissione voluta dal ministro per il Lavoro e le Politiche Sociali, Enrico Giovannini. «Il ministro - ha aggiunto Enza Bruno Bossio - è favorevole, tanto che voleva introdurre un embrione di reddito minimo nella Legge di Stabilità». Ma così non è stato, mancano le risorse ha motivato Giovannini. Per dimezzare gli italiani sotto la soglia di povertà ci vorrebbe un miliardo e mezzo. «Faremo una battaglia in Parlamento - ha annunciato il deputato - perché nella Legge di Stabilità sia stanziato un minimo di risorse perché si affermi la nuova idea di welfare, come diritto universale».
Dello stesso parere è l’on. Mario Sberna. «Faremo insieme questa battaglia. La politica deve occuparsi di più delle cose vere della gente». Il deputato bresciano è ottimista: «Credo che in questa legislatura si possano fare cose buone perché la Camera è composta per il 60% da persone nuove, che vengono dalla società, che conoscono i problemi quotidiani degli italiani». Come la povertà, appunto. «La proposta del Sia va approvata. Vado oltre: mi piacerebbe una legge che imponesse ai parlamentari e ai consiglieri regionali di prendersi cura ciascuno di un povero».
La necessità di un welfare universale è stata rimarcata anche da Luciano Gualzetti. L’aiuto quotidiano del Terzo settore non basta più. «Siamo travolti dalle richieste. Non riusciamo più a ridare speranza a chi è nel bisogno». Lo Stato deve rivedere le sue politiche sociali. La Caritas lombarda, nel 2011, aveva proposto alla Regione l’introduzione del reddito di autonomia «per mettere le persone in condizione di vivere con dignità».

Enrico Mirani
 

 

 

 

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