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Giovedì 5 aprile 2012

Toccare il modello, non solo le regole
l'analisi della riforma del mercato del lavoro

La riforma del mercato del lavoro è, probabilmente il tema più dibattuto a livello economico, politico e sociale. Anche la direzione nazionale delle Acli ha detto la sua con un documento nel quale si afferma che la “proposta va nella giusta direzione”, anche se “restano in ombra alcune questioni rilevanti”. Si evidenzia come “si rende pertanto necessario che il governo scelga un percorso parlamentare aperto a integrazioni e miglioramenti [...] le mediazioni si possono e si debbono trovare”. Tuttavia la riforma del mercato del lavoro servirà a poco se l’economia non tornerà a crescere e non si riusciranno a creare nuovi posti di lavoro. Sul punto vi sono prospettive e concezioni divergenti tra quanti ancora vedono come unica ancora di salvezza “la crescita” e coloro che – essendo convinti di essere immersi in una crisi strutturale, di sistema – affermano che il modello industriale, produttivo ed economico basato sul consumo e sulla crescita non regga più, non sia così più riproponibile e ne vada perseguito uno alternativo. Un modello industriale onnivoro nel consumo di risorse, con pesanti implicazioni ambientali e andatosi via via disgregando negli anni, fatica sempre più a reggere il confronto internazionale e, inevitabilmente, i posti di lavoro connessi sono sempre più a rischio. Non dobbiamo nasconderci come, in questo quadro, posti di lavoro quali ad esempio quelli in Fiat – o, in una realtà a noi più prossima, quelli in Iveco – siano sempre più traballanti, non abbiano molto futuro e, molto probabilmente, siano destinati a scomparire. In quest’ottica sarebbe necessaria una riflessione su come affrontare la transizione, prima o poi inevitabile, dall’attuale modello ad uno diverso. Le forze politiche e sociali paiono affette da miopia sul presente, non in grado di imprimere la svolta necessaria. I sindacati hanno il dovere di difendere gli attuali posti di lavoro, le regole ed i diritti faticosamente conquistati, sembra però mancare loro una visione d’insieme e una prospettiva lungimirante. La quasi totalità del sistema partitico appare essere assente su questi temi. Tocca allora a quanti agiscono nel prepolitico e nel presindacale, singolarmente o in forma associata, cercare di essere “profetici”, proporre visioni “lunghe” – seppur sempre più ravvicinate e incombenti – farsi portatori di quei valori e di quelle pratiche di economia civile, sociale e solidale (per un’associazione come la nostra, anche nell’alveo di quanto viene indicato dalla dottrina sociale della Chiesa) senza le quali le più o meno efficaci riforme rimarranno sulla carta.

Fabrizio Molteni

 

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