Articoli di Emanuele Galesi sul Giornale di Brescia di domenica 20 febbraio 2011
La cattiva notizia è che non ci sono buone notizie. Il «Terzo rapporto sui redditi bresciani» redatto dalle Acli sulla base dei dati raccolti dal Caf parla di redditi stagnanti, di fasce deboli (immigrati compresi) che si indeboliscono ulteriormente, di donne che continuano a guadagnare meno degli uomini, di giovani che non lavorano o per i quali si prospetta un futuro previdenziale allarmante.
«Basta così», verrebbe da dire. E invece no. Perché l'utilità di un rapporto del genere sta nel mettere a nudo la durezza dei numeri per passare «dalle analisi statistiche alle riflessioni politiche», come ha sostenuto Roberto Rossini, presidente provinciale delle Acli, durante la presentazione del documento nell'auditorium degli Artigianelli.
Sono 35.763 le dichiarazioni dei redditi raccolte dal centro di assistenza fiscale di via Spalto San Marco, ovvero il 10,7% dei 730 provinciali. Rispetto al 2009, si sono registrati 1.410 utenti in più, addirittura 5.000 sul 2008, segno che aumentano le persone tenute a presentare la dichiarazione perché hanno avuto più di un rapporto di lavoro.
Crescono le donne, +3% in due anni, diventate il 46% dell'utenza. La maggior parte dei soggetti che hanno varcato la soglia del Caf presenta un reddito fino a 28.000 euro (80%), ma è la prima fascia, quella fino a 15.000 euro, ad aver sofferto maggiormente la crisi. Qui infatti il buco nel portafoglio corrisponde a 366 euro sul 2009 e a 725 sul 2008. Se il reddito medio complessivo è cresciuto di 129 euro nell'ultimo anno, pur restando sotto i livelli di due anni fa, è dovuto principalmente ai 400 euro in più finiti nelle tasche di chi ha un reddito superiore a 75mila euro.
Anche i più benestanti non hanno ancora recuperato il livello di disponibilità economica del 2008, ma, per dirla con le parole di uno dei curatori del rapporto, Luciano Pendoli, «se i ricchi rinunciano a una cena, i poveri non fanno la spesa per un mese». Mentre gli uomini guadagnano mediamente 25.550 euro l'anno, le donne sono ferme a 16.560, uno squilibrio rimasto pressoché invariato nell'ultimo biennio.
Dati poco confortanti emergono anche sul fronte della casa. La percentuale di proprietari rilevati dal Caf è al 65%, contro una media nazionale di circa l'80%, mentre è dal 2006 che il numero di mutui contratti dai bresciani è in calo costante.
In tema di spese familiari, resta basso il numero di contributi versati per badanti e per l'affitto di studenti fuori sede: questi due elementi vengono letti nel segno di una certa ritrosia, per usare un eufemismo, nella gestione regolare dei contratti.
In un panorama grigio, sono positivi, infine, i dati relativi all'utilizzo degli incentivi per il risparmio energetico.
Intervenuto a commentare i dati del rapporto, Paolo Panteghini, professore della facoltà di Economia di Brescia, ha parlato di «quadro desolante». Nella sua analisi, si vede una «società bloccata, nella quale le donne lavorano meno che nel resto d'Europa e, quando hanno un figlio, abbandonano il proprio posto nel 20% dei casi».
Riguardo agli stranieri, per lo studioso «non si possono considerare usa e getta, è economicamente sbagliato non investire su di loro». Panteghini ha espresso poca fiducia «nelle frustate all'economia promesse dalla politica» e ha ribadito che la famiglia, e in particolare i nonni, rappresenta «l'unica forma di ammortizzatore sociale».
Chi ha detto che l'Italia è in declino dal punto di vista demografico? Nel suo intervento dedicato agli scenari nazionali e locali relativi alla popolazione, il sociologo Gabriele Ringhini ha provato a ribaltare le aspettative della platea raccolta dalle Acli. «Viviamo un boom come non si vedeva dal dopoguerra - ha spiegato lo studioso -, l'Italia è cresciuta di 3 milioni di abitanti dal solo 2003. Il fatto che questo aumento sia dovuto per il 95% agli stranieri significa che il fenomeno va governato».
Basandosi sulle anagrafi di 69 Comuni serviti da Cogeme, Ringhini ha rilevato nel territorio bresciano una crescita di 100.000 residenti in 30 anni, di cui la metà negli ultimi 7 anni. La migrazione europea ed extra Ue spiega circa il 76% di questa crescita, mentre il restante dipende da spostamenti interni alla provincia.
Ringhini ha raccontato «l'avventura di una popolazione che invecchia in una società che ringiovanisce».
Così è stato sintetizzato l'allungarsi delle aspettative di vita associato al significativo incremento percentuale dei minori. Una crescita alimentata dagli stranieri, sempre più elemento di vitalità socio-economica