Appello congiunto Acli, Cisl, Confcooperative ai parlamentari bresciani
La recente legge di stabilità licenziata dal Governo e ora all'esame del Parlamento, ha introdotto misure che rischiano di affossare il sistema del welfare italiano e di rendere ancora più gravosa e difficile la vita di molte famiglie e cittadini, soprattutto quelle più fragili.
L'aumento dell'Iva dal 4% al 10% (e all'11% dal luglio 2013) per le prestazioni socio sanitarie delle cooperative sociali rischia di essere il colpo di grazia definitivo al welfare del Paese, con un aggravio di ben 510 milioni di euro che si ripartirebbero per il 70% sulla Pubblica Amministrazione e per il 30% sulle famiglie utenti finali dei servizi.
Non possiamo accettare una politica che dopo aver tagliato innumerevoli volte le risorse del Welfare, caricando i costi su famiglie ed enti locali, incrementa anche le imposte sulle politiche sociali a sostegno di minori, anziani, disabili. In questo modo viene confermata un’impostazione di fondo che deve assolutamente essere cambiata. Quella cioè di considerare la spesa nel sociale come un costo e non come un investimento in capitale sociale. Un investimento che deve avere come obiettivo quello di far uscire dall’emergenza e dalla povertà classica o moderna che sia, fasce fragili di popolazione, famiglie in difficoltà, anziani non autosufficienti, persone con disabilità.
L'aumento dell’Iva rappresenta poi una falsa entrata per le casse dello Stato. La conseguenza non sarà quella di aumentare il gettito fiscale, ma di ridurre i servizi per i cittadini: minore numero di posti nei nidi e negli asili, tagli all’assistenza per disabili, riduzione delle ore di apertura per i centri diurni, così come per i posti per gli anziani nelle RSA e per l’assistenza domiciliare per i non autosufficienti. Comuni e Asl dovranno pagare di più, dal momento che saranno chiamati a corrispondere oltre i 2/3 dei costi. In una situazione dove già gli Enti Locali sono in una situazione drammatica, considerando che quest’anno il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è stato ridotto a 11 milioni di euro. Le Asl sono alle prese con la riduzione del budget del 5% per il 2012 e (probabilmente) del 10% per il 2013.
In questa situazione, l’aumento dell’Iva rappresenta di fatto un ulteriore taglio, poiché questi Enti non hanno certamente risorse ulteriori per coprire l’aumento dell’Iva. Di fatto, il taglio di servizi nel 2013 sarà complessivamente del 20% che andrà a sommarsi ai già pesanti tagli effettuati negli ultimi anni.
Se a ciò si aggiungono le previsioni di sforbiciate su detrazioni e deduzioni dal reddito, le famiglie che si fanno carico di una spesa diretta per le prestazioni sociali si troveranno di fronte ad un ulteriore difficoltà, con il rischio di incentivare la spesa sociale privata "in nero".
Sempre più spesso si elogia il ruolo del Terzo Settore, a cui si chiede la supplenza agli interventi che l’ente pubblico non è più in grado di garantire. Però poi non seguono conseguenti ed adeguate azioni di sostegno.
Rientra tra queste la proposta contenuta nel cosiddetto DDL Stabilità di introdurre una franchigia di 250 euro per le donazioni deducibili, scelta grave, se si considera il fatto che, da una ricerca commissionata dall’Istituto Italiano della Donazione, la media delle donazioni degli italiani è di 142 euro l’anno; così come l'ipotesi, presente nel DDL, di un mancato rinnovo del 5 per mille per il prossimo anno.
Proprio mentre il parlamento sta discutendo proposte di legge bipartisan per rendere stabile l’istituto del 5 per mille, il Governo pensa di non rinnovarlo. Si tratta di un ulteriore disimpegno del governo verso la promozione e lo sviluppo del Terzo Settore e del volontariato, esaltato a parole, ma penalizzato nei fatti.
Il Governo continua a considerare la spesa sociale come spesa improduttiva per il Paese, come un onere da tagliare a tutti i costi. Già quest'estate con la spending-review il Governo aveva deciso pesanti tagli al welfare senza alcun confronto con il terzo settore, un terzo settore ed una cooperazione sociale in particolare, che da tempo avanza proposte di riforma, per un welfare promozionale che sia una leva dello sviluppo e della crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. La coesione sociale, gli investimenti in cure relazionali sulla famiglia, sulla natalità e nella scuola per contrastare le povertà, sono leve di sviluppo a lungo termine.
Invece di investire nel welfare e nella cooperazione sociale (che sono anche un significativo volano di crescita occupazionale, come hanno di recente messo in luce anche le istituzioni comunitarie), si rischia di usare la scure sui servizi di assistenza e coesione sociale che invece sono ancor più necessari con la crisi che investe il Paese.
Auspichiamo che i parlamentari che conoscono il prezioso lavoro da noi svolto con le persone e le famiglie, sappiano trovare un'intesa per modificare il decreto Monti, salvaguardando i cittadini e gli enti locali da un altro assurdo ed evitabile balzello.