Il 2 giugno è la Festa degli Italiani, è il simbolo del ritrovamento della libertà e della democrazia da parte del nostro popolo.
Viviamo questa Festa della Repubblica con il pensiero all’Italia che vuole costruire il suo domani. Siamo l’Italia che vuole un nuovo inizio. Siamo l’Italia fondata sul lavoro.
Non ci può essere Repubblica senza lavoro, come afferma solennemente il primo articolo della nostra Costituzione.
Il lavoro è stato motore di crescita sociale, economica, nei diritti, in questi settantaquattro anni di Repubblica.
Perché il lavoro è condizione di libertà, di dignità e di autonomia per le persone. Consente a ciascuno di costruire il proprio futuro e di rendere l’intera comunità più intensamente unita.
Per noi il lavoro è anche spiritualità. È il modo più bello di contribuire alla creazione, alla salvaguardia dell’ambiente, alla promozione della democrazia e della giustizia sociale.
Risalta ancora di più, in questo contesto, il valore del lavoro e, in particolare l’opera svolta dalle operatrici e operatori dei Servizi e delle Imprese sociali delle Acli. Il loro lavoro, pur tra molte difficoltà, ha consentito, giorno dopo giorno, alle Acli di non fermarsi e di continuare ad essere se stesse: servizio alle persone e punto di riferimento per le famiglie delle nostre comunità. Passione politica e competenza affidabile.
Le Acli sono vicine alle famiglie che hanno vissuto il lutto e a coloro che ancora soffrono per la malattia, a quanti sono rimasti disoccupati e senza reddito. Il vostro dolore è il nostro dolore, sortirne insieme è la politica, la nostra ragione di esistere come associazione cristiana di lavoratori. La battuta d’arresto che abbiamo subìto spinge ad accelerare la strada verso un nuovo umanesimo, che sappia rimettere al centro la persona come “essere in relazione”. A partire dal lavoro si deve ridisegnare un nuovo modello etico, sociale ed economico. Le Acli faranno la loro parte e so che possiamo fare affidamento sul senso di responsabilità e di solidarietà di tutti voi che vi fidate di noi, che vi affidate a noi per avere un supporto nelle pratiche della vita.
Per continuare a starvi vicino, abbiamo bisogno di sentirvi vicini, abbiamo bisogno che ci siate amici, condividendo lo spirito del nostro operare. Fatelo con un gesto semplice: prendete la tessera delle Acli. Non è quella del supermercato, è una tessera speciale: una volta presa, diventa la tua. La nostra. Non è una tessera per acquistare punti, è un legame per costruire ponti.
Attraversiamo un passaggio d’epoca pieno di difficoltà. Insieme riusciremo a superarle. Alle collaboratrici e collaboratori dei Servizi, ai circoli delle Acli, alle associazioni specifiche promosse, ai promotori sociali, alle volontarie e volontari, a tutte le persone che si rivolgono a noi, va il saluto più cordiale e l’augurio di una ripresa per un mondo più equo e più giusto.
Buona Festa della Repubblica.
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In vista del 2 giugno, Festa della Repubblica, una “Repubblica fondata sul lavoro”, riportiamo un’interessante lettura sul rapporto tra lavoro e dignità - legando la genesi dell’articolo 1 e dell’articolo 49 della nostra Costituzione – che ci ha offerto, in un incontro tenutosi un po’ di tempo fa presso la nostra sede, Pier Luigi Castagnetti, non più impegnato nella politica attiva ma, tuttavia, attento e disponibile ai percorsi di formazione della cittadinanza.
Castagnetti ci ha ricordato che la sovranità appartiene al popolo – come recita l’articolo 1 della carta costituzionale – ed i cittadini sono quelli che hanno diritto al lavoro perché la repubblica è fondata sul lavoro. Il lavoro – ha continuato Castagnetti – “ti dà la cittadinanza, e questa ti rende sovrano. Sei tu il sovrano, non la politica. La repubblica deve garantire quella dignità che deriva dal lavoro”. A tal proposito Castagnetti ha ricordato lo stato di “stallo” iniziale dell’assemblea costituente dinanzi alla stesura dell’articolo 1 della Costituzione. Non riuscivano a mettersi d’accordo sul modello di democrazia da realizzare nel nostro Paese. Dopo le relazioni di Lelio Basso e Giorgio La Pira le distanze erano addirittura aumentate. Così all’uscita degli onorevoli dall’emiciclo, un deputato cattolico, Giuseppe Dossetti, chiede a un anziano parlamentare, segretario del partito comunista, Palmiro Togliatti, di potersi incontrare l’indomani in modo riservato. Si apre così un racconto avvincente che mostra “la capacità degli autentici discepoli di Cristo di vivere l’Evangelo e mediante uno stile dell’accoglienza e dell’incontro creare ponti, innescare processi”. Nell’incontro, avvenuto in un bar di Roma, in fondo a via del Corso – continua Castagnetti – Dossetti propone a Togliatti di concertare almeno l’incipit della Costituzione. Togliatti risponde: “Faccia una proposta lei”. Dossetti dice: “Io propongo di scrivere che la Repubblica Italiana si costruisce sul diritto al lavoro”. Togliatti replica: “Ma lei dice questo per compiacere le mie posizioni”? Risponde Dossetti: “No, lo faccio per compiacere le mie. Io so che quando le propongo il tema del lavoro lei non può dire di no, perché conosco la storia del comunismo. Ma del resto, se vogliamo sbloccare la situazione, è necessario trovare un tema su cui siamo d’accordo. E così dobbiamo fare anche per tutti gli altri articoli. Io ci arrivo da un’altra strada rispetto alla sua ma l’importante è approdare nello stesso punto”. E poi aggiunge: “Sa perché io credo nella centralità del lavoro? Perché io penso che l’individuo possa diventare persona solo se conquista la dignità e la dignità la conquista solo se ha il lavoro. Un individuo che ha il lavoro conquista la dignità quando va a casa e può guardare negli occhi i suoi figli. È un uomo che ha recuperato la dignità, è una persona. Io credo la nostra Costituzione vada costruita intorno a un asse personalista e quindi sulla centralità della persona”. Il richiamo alle parole di Dossetti, da parte del dossettiano Castagnetti, è illuminante per offrire sani strumenti di interpretazione della storia insieme alla comprensione del ruolo preminente di una cittadinanza attiva non perché in preda al dinamismo, spesso sterile, del fare, ma in quanto formata intimamente nell’intimo della propria coscienza, dI cui il servizio nel sociale è solo oggettivazione.