Il reddito di inclusione sociale

Giovedì 1 agosto 2013

Da "La voce del popolo" del 1 agosto 2013

Lotta alla povertà. Una iniziativa promossa con la Caritas
Il reddito di inclusione sociale

Siamo sempre più poveri. Lo dicono tutti e lo conferma l’Istat, che qualche settimana fa ha reso noti i dati sulla ricchezza relativi al 2012. E` più povero chi vive al Sud, ma anche chi risiede al Nord non se la passa benissimo. Si parla di un decremento del 3,12% dei redditi da lavoro dipendente e ora l’aumento della povertà assoluta tocca anche impiegati e dirigenti. L’Italia sembra un “Paese unito nella povertà e nell’impoverimento delle famiglie”. Intanto che la politica ripensa il piano industriale e progetta un nuovo sistema fiscale, Acli e Caritas hanno dato vita al reis: il reddito di inclusione sociale. Si tratta di un trasferimento monetario unito a un pacchetto di servizi alla persona volti a garantire alle famiglie in condizione di povertà assoluta un livello di vita “minimamente accettabile”: standard nutrizionali adeguati, un’abitazione con energia e acqua calda, vestiti decenti. Questo aiuto è garantito a persone di qualsiasi nazionalità, residenti regolarmente in Italia da almeno 12 mesi. La somma mensile ricevuta è pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia Istat della povertà assoluta. La somma tiene conto anche delle differenze nel costo della vita esistenti nel Paese, realizzando così il rispetto del principio di adeguatezza ed equità territoriale. Oltre alla somma di denaro è prevista una serie di servizi riferiti al disagio psicologico, al bisogno di cura e all’impiego, in modo da favorire anche l’attivazione e il reinserimento sociale. I membri della famiglia di età compresa tra i 18 e i 65 anni e abili al lavoro, devono attivarsi per la ricerca di un lavoro, dare la disponibilità a iniziare un’occupazione offerta dai Centri per l’impiego e frequentare corsi di formazione o riqualificazione personale. I Comuni dello stesso distretto socio-sanitario (in forma associata nell’Ambito sociale di riferimento) fungono da regia del processo e il Terzo settore co-progetta l’intervento, secondo il buon criterio del welfare-mix che vede la corresponsabilità di attori pubblici e privati. Il reis è introdotto gradualmente nell’arco di quattro anni, partendo dalle famiglie che stanno peggio. I fondi a disposizione aumentano progressivamente in questo arco di tempo e le prestazioni già esistenti contro la povertà vengono gradualmente abolite. A sostegno del reis c’è l’infrastruttura nazionale del welfare locale: cioè un insieme di strumenti economici messi a disposizione da Stato e Regioni. I principi alla base di questo strumento innovativo sono tre: concretezza, equità ed efficienza. Elementi imprescindibili per la messa in pratica del principio più generale della giustizia sociale. L’alleanza tra Acli e Caritas, alla base del reis, è aperta anche ad altri soggetti sociali che ne condividono lo spirito, che intendono dare un contributo per migliorare alcuni aspetti e che sono disponibili a contribuire a una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle forze politiche per far in modo che si passi dall’idea alla realtà.

Stefania Romano

 

 

 

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