Lettera aperta delle Acli bresciane ai nuovi sacerdoti
Cari Claudio e Damiano,
forse ci sarà qualcuno che in questi giorni guarderà i vostri volti con curiosità: come se foste dei sopravvissuti ad una selezione inevitabile.
“Solo in due...” si dirà, la Chiesa è in crisi...
Vi guarderanno con stupore: non per ciò che siete, ma per ciò che non avete. Attorno a voi manca la quantità, il numero, la squadra dei tanti seminaristi che oggi diventano preti.
Per la mentalità del nostro tempo il numero è tutto, è il senso profondo delle cose, è ciò che separa il fallimento dalla gloria. Ma c'è anche un'idea diversa di gloria: da oggi siete chiamati ad incarnarla con le vostre parole e i vostri fatti.
Eppure anche il numero ha una sua verità, per quanto non assoluta essa non ci lascia indifferenti. Essere “in meno” è un segno del tempo: per questo la missione che oggi vi sarà affidata avrà una responsabilità in più, richiederà nuovi modi di stare tra le case e gli uomini, vi indurrà a cercare nuove forme di complementarietà e nuove opportunità di comunione.
Se fosse così, allora questi “numeri”, più che un limite, indicherebbero una strada a tutto quel popolo di Dio che – in questa giornata di festa – accompagna due suoi figli.
I numeri si leggerebbero allora come un segno dei tempi, segno di un nuovo modo di portare la croce, di conversare col mondo.
Cari don Claudio e don Damiano, nel 50° del Concilio Vaticano II ciò che vi auguriamo è che la vostra vocazione di fedeltà all'Assoluto s'incarni nelle gioie e nelle sofferenze di questa nostra comunità, che sappiate far intravedere la speranza anche nella crisi, che possiate far guardare il cielo a tutti gli uomini per far scoprir loro che non è vuoto.