Da "Il Giornale di Brescia" di venerdì 9 novembre 2012
Manerbio «Macello, una risposta alla disoccupazione»
Così il sindaco all’incontro delle Acli. Cristini: «Ne discuteremo se utilizzeranno carni bresciane»
MANERBIO «L’Amministrazione comunale non darà il via libera ad alcun impianto se a monte non ci sarà l’autorizzazione di tutti gli enti preposti. E qualora qualcuno solleverà problematiche fino a quel momento non affrontate, noi le affronteremo. Dietro il progetto c’è la serietà di un imprenditore che ha deciso di fare un cospicuo investimento (50 milioni di euro, ndr) per la sua attività industriale, con tutti i rischi di impresa connessi». E ancora: «La Bassa, e specialmente Manerbio, soffre di profonda crisi occupazionale: il progetto della Hamburger Pini può rappresentare una risposta a questo problema». Ruota attorno a questi due ragionamenti il discorso del sindaco di Manerbio Cesare Meletti intervenuto l’altra sera nel corso del dibattito organizzato dalla sezione Bassa bresciana delle Acli sulla realizzazione di un impianto di macellazione e produzione di carni suine da costruirsi al confine con il comune di Leno, su un terreno di 100 mila mq acquistato dall’imprenditore valtellinese Pietro Pini per un valore di due milioni di euro. L’incontro ha voluto essere un momento di confronto, che ha visto da una parte Marino Ruzzenenti, storico ambientalista, don Gabriele Scalmana, responsabile diocesano della Pastorale del creato, e Andrea Cristini, presidente nazionale dell’associazione allevatori di suini. E proprio da quest’ultimo è partito un sì condizionato al progetto: «Se e solo se si utilizzeranno carni suine prodotte e sul suolo italiano, particolarmente quelle allevate nel territorio provinciale, siamo disposti a sederci attorno ad un tavolo e confrontarci. Se invece si ricorrerà a carni importate dall’estero allora no, noi non ci stiamo: ciò significa metter in ginocchio un settore che già soffre», ha detto Cristini. Dal canto loro, sia Ruzzenenti che don Scalmana hanno esposto le ragioni per cui sia bene «non sprecare ulteriore terreno agricolo, visto la desertificazione avvenuta in 10 anni nel territorio della Bassa. Questo è un progetto avido di terreno, di soldi e di risorse: e se succedesse come per il polo logistico di Azzano Mella dove poi, una volta partiti i lavori, il Tar ha bocciato il progetto ed è rimasto un eco mostro?», si è interrogato don Scalmana. Sempre dal fronte ambientalista Gabriele Pellegrini, di Legambiente, ha annunciato una proposta che sarà esplicitata a breve sul comparto suinicolo. Nel frattempo l’iter prosegue. Arpa e Asl hanno richiesto approfondimenti in merito all’utilizzo delle risorse idriche e ai possibili rischi della vicinanza con la Finchimica, azienda soggetta a normativa Seveso.
Umberto Scotuzzi