Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”
(Gen 2,2)
Occorre organizzare e adattare tutto il processo lavorativo in modo che vengano rispettatale esigenze della persona e le sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica […] diritto al riposo: prima di tutto, si tratta qui del regolare riposo settimanale, comprendente almeno la Domenica
(Laborem Exercens, 19)
Tutti i lavoratori debbono però godere di sufficiente riposo e tempo libero, che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa
(Gaudium et spes, 67)
Anche sulla scia e nel solco della campagna “Libera la domenica”, avevamo deciso di dedicare la “festa dei lavoratori” di quest’anno a quelle lavoratrici e a quei lavoratori che – come accaduto in occasione della festività del 25 aprile e come ormai accade ogni domenica – il 1 maggio si troveranno costretti a lavorare in esercizi e centri commerciali.
Alla luce della tragedia immane accaduta nei giorni scorsi a Dacca, però, il nostro pensiero corre anche a quelle lavoratrici ed a quei lavoratori delle tante “fabbriche degli orrori” sparse per il mondo, dalle quali escono prodotti venduti in occidente per le più famose “griffe”.
Siamo convinti che, come recita il paragrafo 319 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, “cambiano le forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, ma non devono cambiare le sue esigenze permanenti, che si riassumono nel rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo che lavora” e riteniamo che l’apertura “indiscriminata” non sia la risposta più appropriata e corretta alla crisi economica, industriale, produttiva e, conseguentemente, occupazionale che ancora stiamo attraversando.
Rispetto ad un anno fa, la situazione non è cambiata, anzi, se possibile si avverte un ulteriore senso di peggioramento e di immobilismo. Rimangono sul tappeto tutte le questioni a cui facevamo riferimento lo scorso anno in merito a donne e uomini, giovani o meno, disoccupati, precari, non garantiti, ultra quarantenni espulsi dal ciclo produttivo, lavoratori più pesantemente toccati dalla riforma pensionistica, “esodati”, ai tanti – troppi - lavoratori ed imprenditori che decidono di farla finita.
Auspichiamo che il nuovo Governo, come è parso emergere dalle prime dichiarazioni del Presidente incaricato, ponga prioritariamente attenzione alla “questione lavoro” e che l’azione politica, andando oltre la solita logica di incentivi e detassazioni per l’assunzione di lavoratori, operi in un orizzonte ampio, considerando una molteplicità di fattori – quali costo dell’energia, peso di burocrazia e corruzione, certezza nei pagamenti della pubblica amministrazione e tra privati, difficoltà di accesso al credito, certezza dei tempi della giustizia – che sono ostacolo alla creazione di “buona” e stabile occupazione.
La terribile tragedia avvenuta in Bangladesh ci fa sostenere, con forza, che l’impegno per garantire “buona” e stabile occupazione deve valere a tutte le latitudini e per tutti i lavoratori. Nell’era della globalizzazione, si avverte in maniera pressante la necessità di globalizzare diritti e tutele. Chiediamo al Governo italiano di adottare una mozione in merito e di adoperarsi sia in sede europea che alle Nazioni Unite perché vengano perseguite politiche che tutelino i lavoratori, con la previsione di sanzioni per chi trasgredisce i normali e più elementari diritti delle persone.
Invitiamo anche tutti noi, “cittadini-consumatori”, ad essere responsabili nelle scelte, favorendo chi persegue la via dell’etica, chi non sfrutta i lavoratori e non ricorre all’occupazione minorile.