Ogni cosa è interdipendente

Martedì 26 maggio 2020
La portata di questa crisi è globale, non solo in termini geografici. Pur originando da una cosa apparentemente lontana, ha provocato una delle peggiori crisi economiche mai conosciute. Questa è l’ennesima dimostrazione dell’interdipendenza delle cose e delle persone. Abbiamo visto che sono completamente saltati i confini, nessuna frontiera ha resistito: un altro segno dei tempi?
 
Non vorremmo però che questa vulnerabilità universale si trasformi in una paura egoistica. Meglio cooperare, anche nella ricerca del vaccino. Si fa ormai certezza che in questo mondo sempre più spesso ci dovremo confrontare con qualche crisi, con un virus di qualche natura. Questi accadimenti infatti si fanno sempre più frequenti e ravvicinati. Non ci siamo ancora completamente ripresi dalla crisi del 2008 ed eccone un’altra a metterci in ginocchio. L’epidemia ci sta mettendo a dura prova e dovremo per questo trovare tempo per ripensare il sistema che abbiamo costruito, a partire da un’onesta messa in discussione delle scelte del passato.
 
Sono tanti i finanziamenti che gli enti pubblici, dall’UE alla Bce, stanno mettendo in campo. Ma come diceva mia nonna, i soldi non crescono sugli alberi. Dobbiamo essere consapevoli che anche questo denaro, impiegato per cose sacrosante, costituirà ulteriore debito pubblico che graverà sulle generazioni future. Qui dovremmo ripensare un ulteriore cambio di rotta, mettendo davvero mano alla riduzione del debito pubblico. Non è pensabile di dover spendere 60 miliardi di interessi, altrimenti destinati a maggiori necessità. Se pensiamo all’ultimo Governo che ha pensato e attuato una riduzione del debito pubblico, dobbiamo risalire al Governo Prodi. Lo stesso che aveva impostato una riforma del welfare complessiva con la Commissione Onofri.
 
Con uno sguardo critico potremmo dire che nessun posto è sicuro, ma in termini positivi possiamo vedere nuove occasioni per rigenerare il nostro sistema nelle relazioni, nel lavoro, nell’economia e nell’ambiente e costruire davvero qualcosa di nuovo, mai visto, migliore, più collaborativo.
 

Rileviamo un forte dibattito con al centro l’intenzione di ripensare e ripensarci. Innanzitutto questo sistema, più attento a cose secondarie se non terze, rispetto alle priorità delle persone. Lo stesso welfare è una proposta, che già da una prima risposta alla intenzione precedenti. Ad essere sinceri non sono intenzione nuove, ricompaiono ogni volta che ci troviamo in ginocchio, ad ogni crisi. Purtroppo ce ne dimentichiamo poco dopo. Pensiamo all’ambiente, alla natura, alla formazione, all’economia, alla ricerca, alla pace e all’assurda corsa agli armamenti. Sono argomenti propri dell’enciclica “Laudato si” di cui abbiamo ricordato nelle scorse settimane il quinto anniversario. Già questo dice di una certa sordità dell’uomo e della sua classe dirigente in particolare, ai veri bisogni dell’umanità. In questo momento di limitazioni fisiche sono emerse tante nuove potenzialità, tanti buoni propositi che dobbiamo “portare avanti”. Non possiamo pensare che tutto passi e ritorniamo come prima, perché è questo prima che ha parecchie responsabilità sociali ed economiche.

 

 

Luciano Pendoli, Segretario Fap-Acli Brescia

 

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