Perché snellire la diffusione di armi?

Mercoledì 8 gennaio 2014
 
Le Acli bresciane esprimono la loro contrarietà per uno dei primi provvedimenti adottati dal Consiglio della Regione Lombardia in questo nuovo anno. Proprio nel mese tradizionalmente dedicato alla riflessione sul tema della pace, martedì 7 gennaio è stata approvata una mozione che impegna la giunta a “sollecitare il governo nazionale a modificare la normativa di recepimento comunitario in questione al fine di ridurre, senza venir meno alle necessità di controllo, il gravame burocratico sulle imprese armiere lombarde che sta ostacolando l’attività di export con gravi danni economico finanziari che rischiano di compromettere la produzione ed il bacino occupazionale”.
 
Pur condividendo la necessità di snellire la burocrazia che spesso blocca molti settori economici, non ci spieghiamo le ragioni di una proposta che va in direzione opposta rispetto alla tanto sbandierata esigenza di sicurezza e che ignora il fatto che tutti i settori produttivi sono uguali (e meritevoli quindi più di altri di sostegno pubblico).
 
Non è accettabile il “ricatto” dei posti di lavoro. Sappiamo bene che il settore armiero è molto forte a Brescia e porta occupazione per molte famiglie che, a volte, vivono di quel solo stipendio. Le loro preoccupazioni legate al lavoro, soprattutto in questo periodo, sono forti. Non vogliamo quindi che si ingeneri la solita “guerra fra poveri”, che non andrebbe a vantaggio dei lavoratori.
 
L’industria bresciana si è già trovata a vivere la contrapposizione tra le (legittime) ragioni economiche, e la consapevolezza degli effetti di ciò che viene prodotto e commercializzato nel mondo. Si pensi alle ditte che in anni relativamente recenti hanno prodotto mine antiuomo (si pensi al noto caso Valsella); in quel caso si era avviato un movimento virtuoso di consenso per la riconversione industriale delle fabbriche di armi. Ora quel circolo virtuoso si è purtroppo fermato: ma noi chiediamo la ripartenza.
 
Da questo punto di vista siamo consapevoli che è anacronistica e falsa l’idea che soltanto il commercio delle armi pesanti necessiti di maggiori controlli. In realtà nella categoria di armi leggere non ci sono soltanto “armi da caccia, ad uno sportivo e per difesa personale, che nulla hanno a che fare con le armi da guerra” (come hanno dichiarato alcuni firmatari la mozione regionale).
 

 

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