Proposta della Fap-Acli
“La nostra proposta di legge mira ad affermare il principio che accanto alle ragioni contabili devono trovare riconoscimento le ragioni che riguardano la vita di tutti. E con l’importo medio delle nuove pensioni contributive per invalidità di 173 Euro mensili, non si permette alle persone di sopravvivere”.
Lo ha dichiarato Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, questa mattina durante la presentazione della proposta di legge per istituire l’integrazione al minimo vitale per trattamenti pensionistici calcolati esclusivamente con il sistema contributivo, predisposta dalla Federazione anziani e pensionati Acli con il supporto del Patronato Acli.
“Con questa iniziativa la Fap Acli – sostiene il Segretario Nazionale Serafino Zilio – intende dare ascolto e voce ad ogni situazione, facendo proposte non corporative ma globali, che abbiano come obiettivo principale la giustizia sociale ed il bene comune”.
Luca è un operaio di 55 anni che guadagnava circa 830 € netti al mese fin quando a causa di una gravissima malattia l’Inps riconosce che si trova nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Cessa il lavoro, ha 12 anni circa di contributi come lavoratore dipendente la sua pensione di Inabilità è pari a 192,17 mensili. Nella situazione dell’operaio Luca si trovano già circa 51.000 cittadini.
Sono i titolari delle nuove pensioni di Invalidità e superstiti liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, il loro importo medio è di poco oltre 173 Euro mensili, enormemente al di sotto della soglia di povertà. Ma l’articolo 38 della Costituzione sancisce che «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria». Cosa che non si garantisce affatto con l’applicazione senza correttivi della della riforma pensionistica di Dini (legge 335/95), ma solo con una sua modifica, avanzata nella proposta di legge delle Acli, per integrare le pensioni contributive al minimo vitale. La riforma delle pensioni del 1995 (legge 8.8.1995 n. 335), introducendo per le persone con inizio dell’attività lavorativa dal 1996 in poi un sistema di calcolo delle pensioni esclusivamente contributivo, ha realizzato il concetto di trasformazione in pensione del capitale virtuale accumulato durante la vita lavorativa, al fine di garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema previdenziale. Nel contempo ha abrogato il diritto all’integrazione al trattamento minimo, strumento attraverso il quale veniva garantito ai lavoratori, in presenza di requisiti per il diritto e di condizioni reddituali, un importo minimale del trattamento pensionistico. A quasi venti anni dall’entrata in vigore della legge di riforma si stanno verificando, e diventano di grande rilevanza sociale, situazioni di emergenza nelle quali, in caso di invalidità, gli importi irrilevanti di pensione maturata mettono in gioco perfino la tutela costituzionale dell’art. 38.