Redditi, il «bresciano medio» è diventato un po’ più povero

Domenica 10 marzo 2013

Da "Il Giornale di Brescia" di domenica 10 marzo 2013

OSSERVATORIO ACLI

Redditi, il «bresciano medio» e` diventato un po’ piu` povero

Illustrato il Rapporto annuale Caf su 44mila dichiarazioni 2012 «L’inflazione cresce, il salario di dipendenti e pensionati cala»

«Una situazione di lento ma costante declino». Questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge dal Rapporto sui redditi dei bresciani 2012 dalle Acli bresciane sulla base delle 44.169 dichiarazioni dei redditi (mod 730) presentate al suo Caf nel 2012 e relativi ai redditi e alle spese del 2011. Si tratta del 12% di quelle presentate ai diversi Caf attivi in provincia, «per l’80% provenienti dalla classe popolare, da chi percepisce redditi fino a 28mila euro l’anno, principalmente impiegati e pensionati». Andando più a fondo, il Rapporto 2012, il quinto - presentato ieri all’auditorium Capretti degli Artigianelli da Fabrizio Molteni, che l’ha redatto insieme a Pierluigi Labolani, Matteo Francesconi, Michele Dall’Aglio e Luciano Pendoli - conferma anche alcuni dei trend già emersi dai quattro che l’han- no preceduto. E cioè che i redditi medi continuano a diminuire, nonostante l’inflazione sia in costante aumento; che la categoria più povera degli utenti (con entrate annue inferiori ai 15mila euro) è in espansione; che le donne, nonostante partecipino più attivamente al mondo del lavoro, continuano a percepire redditi decisamente più bassi rispetto agli uomini; che permane una grossa difficoltà nell’accesso al credito.
C’è poi il potere d’acquisto. Le Acli sottolineano come «dal 2008 l’inflazione cumulata sia stata poco sopra l’11%. L’aumento dei prezzi dei beni di consumi più rappresentativi è stato quindi a doppia cifra. Per poter reggere a questo aumento salari, stipendi e pensioni sarebbero dovuti aumentare di una percentuale simile». Negli ultimi cinque anni, invece, «il reddito medio dei bresciani è diminuito del 2%, con punte più elevate per la categoria più debole, con reddito inferiore a 15mila euro». Si tratta di 447 euro, «una cifra molto elevata se si tiene conto dell’aumento dei prezzi». Tra l’altro, la media nasconde differenze territoriali: «Nei distretti di Brescia e Valcamonica la contrazione è più accentuata mentre nella Bassa, per esempio, c’è un aumento del reddito medio».
Passando alle differenze di genere, «il dato quantitativo della partecipazione femminile al lavoro, circa pari a quella maschile, se non è associato ai redditi medi può risultare fuorviante», spiegano alle Acli. In tal caso, «il dato che emerge è impietoso - viene sottolineato nel Rapporto -. A parità numerica, registriamo come per gli uomini il reddito medio sia aumentato del 3%, mentre per le donne sia diminuito di più del 5%». Infine la questione della prima casa di proprietà e quella, legata a doppio filo, dei mutui. «Se il dato stabile significa che chi possiede una casa continua a possederla o la cede ai figli - si legge nel Rapporto - è però vero che solo una parte di chi non la possedeva riesce oggi a comprarla. Come dire che le nuove generazioni fanno fatica a stare al passo con le precedenti. Ciò è senz’altro dovuto alla sempre maggiore difficoltà nell’accendere un mutuo».
Andrea Pasinetti


Roberto Rossini: “La priorità è un efficace cambiamento”

«Nel 2001, un rapporto Eurispes paragonava l'Italia al protagonista di un romanzo di Ivan Goncarov. Oblomov, uomo dotato di cuore ed intelligenza non comuni, si rende conto che le cose devono cambiare. Eppure non cambia nulla. Inutile dire che in questo decennio abbondante che è passato da allora, tale paragone sia ancora attuale, perfettamente in grado di descrivere il nostro Paese». Roberto Rossini, presidente delle Acli provinciali, ieri mattina all'auditorium Capretti degli Artigianelli ha usato queste parole per introdurre la presentazione del «Rapporto sui redditi dei bresciani 2012» redatto proprio dalla Commissione lavoro delle Acli. Per Rossini, dunque, il nostro è un Paese nel quale il problema della mancanza di efficace cambiamento «dev'essere visto come una delle priorità. Soprattutto avendo ben presente la fase del tutto critica che stiamo attraversando. Che richiede un pensiero ordinato rivolto alle problematiche economiche e sociali, nonché una conseguente adeguata messa in opera di tale pensiero».
Un esempio concreto, tratto dal Rapporto sui redditi, è quello della «mancanza di alcuno stimolo statale, qui inteso come leva fiscale, alla crescita. Le ultime detrazioni introdotte risalgono al 2007. E pensare che il governo tecnico, per uscire dalla grave situazione finanziaria del nostro Paese, aveva proposto addirittura l'eliminazione di gran parte delle detrazioni di imposta: come abbattere in un colpo solo una possibilità di entrata per le famiglie e una efficace arma di lotta contro l'evasione».


--------

Da "Bresciaoggi" di domenica 10 marzo 2013

LA RICERCA. Dal «5° Rapporto sui redditi dei bresciani», con riferimento ai modelli 730 del 2012 sul 2011, esce un quadro decisamente allarmante per il territorio

Così Brescia si scopre sempre più povera

Le Acli lanciano l´allarme: il bresciano-medio ha un reddito inferiore sia alla media della Lombardia, sia a quella nazionale

Il bresciano medio è sempre più povero, addirittura più povero del lombardo e dell´italiano in genere. Non solo, si allarga la forbice fra cittadini e aumenta il numero nella fascia più bassa, quella di chi vive con cifre inferiori ai 15mila euro lordi l´anno. Le donne guadagnano meno degli uomini, gli stranieri meno degli italiani. Il livello dell´istruzione si abbassa, calano gli iscritti all´università. È impietoso il quadro che esce dal «5° Rapporto sui redditi dei bresciani», stilato dalle Acli facendo riferimento ai modelli 730 del 2012 sul 2011. Il campione è quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che affluiscono al Caf e che rappresentano il 12 per cento sulla provincia.
IL DOCUMENTO dice subito che dal 2008 al 2012 il calo del reddito medio lordo è stato del 2.07 per cento, ma che il potere d´acquisto, calcolato sulle modificazioni dei costi, è sceso del 10 per cento. E nella ricca Brescia i lavoratori e i pensionati hanno a disposizione in media meno che in Lombardia e in Italia. La grave novità è stata ieri annunciata dal docente di Sociologia alla Cattolica di Milano Francesco Marcaletti, invitato nella sala Capretti degli Artigianelli a discutere assieme a Roberto Rossini presidente di Acli Brescia e ai curatori del rapporto i numeri emersi. Marcaletti sta conducendo una ricerca ampliata all´intero Paese e ha spiegato che, nelle dichiarazioni del 2011 (per la verità più nere nel Bresciano di quelle del 2012 prese in considerazione dal rapporto), se il reddito medio bresciano era di 21mila euro, quello lombardo era di 24.800, quello nazionale di 23.100. «Vi invito a riflettere e a trovare le cause di questa debacle» ha detto, consolando l´uditorio con il tasso di occupazione, il 62.1 per cento, simile alla media lombarda ma di sei punti superiore alla media italiana. Peccato, però, che nel 2008 fosse al 65.3 per cento.
Fabrizio Molteni, che ha elaborato i dati con Pierluigi Labolani, Matteo Francesconi, Michele Dell´Aglio, Luciano Pendoli, ha illustrato la ricerca alla platea. L´80 per cento del campione sta sotto la soglia dei 28mila euro, ma cresce la quantità di chi è sotto i 15mila, uno su tre. In compenso sono aumentati, seppur nelle loro minime percentuali, coloro che guadagnano dai 55mila euro in su, meglio ancora dai 75mila euro in su. Non è così, comunque, in tutte le zone della provincia. A peggiorare sono state, oltre alla città, l´area Ovest e la Valcamonica, mentre la Bassa ha addirittura aumentato. Ma il reddito medio più alto si registra sul Garda, 23.508, e a Brescia, 23.111. E non è uguale fra i generi: il 90 per cento delle donne sta sotto i 28mila euro, il 57 per cento sotto i 15mila. Non è uguale per cittadinanza: il 92 per cento degli stranieri sta sotto i 28mila euro, il 38 sotto i 15mila. Nessun immigrato ha un reddito superiore ai 55mila euro.
IL CAPITOLO sulla casa lascia un po´ più respirare. Il 65 per cento ne è proprietario, come nel 2008. «Vuol dire in ogni caso - commenta lo studio - che di nuove abitazioni non se ne sono comprate». E le persone con mutuo per l´acquisto sono diminuite dal 15 al 13 per cento; il 2007 ha visto il culmine, poi si è gradatamente scesi. Che non si possa più spendere lo denuncia la parte sulle spese sanitarie, con i rincari cresciute per tutti tranne che per la seconda fascia, 15-28mila, e con marcate differenze tra le fasce. Inoltre 15mila dei 44169 che si sono presentati alle Acli non avevano costi sanitari da detrarre, «non se le possono permettere». Il diritto alla salute non è così uguale per tutti. C´è un´ultima voce del rapporto che preoccupa e che viene definita una bomba sociale che presto o tardi esploderà, ed è la bassissima adesione alla previdenza integrativa, solo il 3 per cento di media. «Cosa accadrà, a fronte di pensioni che saranno sempre più basse?» è la domanda. «Davanti a un simile panorama e alla mancanza di un pensiero ordinato sullo sviluppo economico, le Acli ribadiscono le proprie richieste - ha dichiarato il presidente Rossini - e cioè una riduzione della pressione fiscale, la patrimoniale, la lotta all´evasione, una diversa efficienza della pubblica amministrazione, un diritto del lavoro più semplice ed efficace, condito magari dalla certezza del diritto».

Magda Biglia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

X

Cosa stai cercando?