Se potessi avere… 80 euro al mese.
I Bresciani più formiche che cicale
I bresciani si confermano risparmiosi. Secondo un’indagine “spot” realizzata dall'Ufficio Studi delle Acli bresciane, i lavoratori bresciani si confermano risparmiosi.
Come spenderanno i bresciani gli 80 euro in più che si ritroveranno in busta paga? Abbiamo realizzato nelle scorse settimane una breve indagine intervistando più di un centinaio di bresciani ponendo loro una sola e semplice domanda.
L'obiettivo non è esprimere un giudizio sulla misura proposta dal Governo, ma verificare lo stato di necessità economica e le priorità di spesa del ceto popolare, con lo scopo di approfondire quanto già emerso nel Report dei Redditi presentato lo scorso aprile.
Alla ricerca-spot hanno partecipato 113 persone (di cui 61 donne), distribuite in ogni zona della provincia. La maggior parte dei partecipanti dichiara di appartenere al ceto medio (64,6%) e svolge un lavoro a tempo indeterminato (46,9%). Ad eccezione di una ristretta quota di giovani che vivono ancora nella famiglia di origine (18,6%), il resto del campione è rappresentato da genitori (55,7%) e coppie senza figli (25,7%).
Ciò che emerge dalla ricerca tende a confermare quanto emerso dal report redatto sulle basi dei dati forniti dal CAF: la sofferenza economica dei cosiddetti working poor e la scelta per la sobrietà del ceto medio-alto. I working poor rappresentano quella categoria di lavoratori che, pur lavorando molto, non riescono ad aumentare le proprie risorse ma anzi, tendono ad impoverire. Anche nella nostra indagine questi lavoratori manifestano - più di tutte le altre categorie - esigenze direttamente legate alla sussistenza, come la necessità economica per le spese primarie (alimentari e spese mediche, oltre alle cosiddette spese vive, come il pagamento di bollette e benzina).
Per questo gruppo non solo non esistono gli extra, come l’uscire a cena con la famiglia o la possibilità di donare ad altri attraverso forme di solidarietà, ma non è neppure ipotizzata l’eventualità del risparmio, opzione preferita da chi vive in condizioni economiche migliori. Perfino il ceto medio-alto dichiara opzioni legate alla sobrietà.
I dati mettono in luce un terzo aspetto particolarmente rilevante: l’orientamento al risparmio. Nonostante la crisi, o forse proprio anche per via della crisi, i bresciani del ceto medio si dimostrano più formiche che cicale. Sono soprattutto i più giovani (e in generale coloro che non hanno ancora “messo su famiglia”) a manifestare una buona propensione al risparmio: 1 under34 su 2 esprime questa preferenza. Leggiamo questo atteggiamento come uno sguardo rivolto al futuro a cui, sebbene incerto, i giovani bresciani volgono lo sguardo (e il loro portafogli).
Non mancano differenze di genere: le donne hanno idee più chiare rispetto agli uomini sulle necessità urgenti del proprio nucleo domestico. Il 19% degli uomini non attribuisce una finalità precisa al denaro, mentre solo il 3,3% delle donne è in imbarazzo di spesa. Inoltre, le donne risultano quelle più orientate al risparmio.
La disponibilità di una cifra, se pur a detta di alcuni politici irrisoria, rappresenta in modo piuttosto chiaro la possibilità per molti di “tirare il fiato”, potendosi permettere una pizza con la famiglia o l’acquisto di vestiario per i propri figli o per sé. Per altri può rappresentare quel salvagente che permette di rimanere a galla in una situazione di crisi stagnante.