I NOSTRI PROGETTI

Per... corri la pace 2013
Sarajevo


Sarajevo per ricordare la guerra che ha insanguinato i Balcani, per una rilettura della pace come convivialità delle differenze e per riflettere sulla necessità della riconciliazione e del perdono dopo una guerra fratricida

Per il 2013 Per...corri la Pace ha fatto tappa nuovamente all'estero (dopo l'esperienza di Ginevra), puntando a Sarajevo per ricordare la guerra che ha insanguinato i Balcani negli anni novanta del secolo scorso, per una rilettura della pace come convivialità delle differenze e per riflettere sulla necessità della riconciliazione e del perdono dopo una guerra fratricida.

Era il 1992, poco più di 20 anni fa, Sarajevo diventava, suo malgrado, il simbolo di una umanità assediata dalla guerra e dalla violenza.

Il tunnel oscuro della divisione e della guerra, dello stupro come arma di guerra e di umiliazione, delle deportazioni e pulizie etniche di interi territori, delle vittime civili, dei cecchini, delle mine antipersona, delle stragi (vedi Srebrenica), delle fosse comuni … il tutto alle porte di casa nostra.

Dentro la guerra e nonostante la guerra, una moltitudine di uomini e donne che hanno voluto con insistenza percorrere le vie della diplomazia popolare, della solidarietà quotidiana e concreta, della vicinanza, della gestione nonviolenta del conflitto e dei conflitti. Fu impressionante il movimento che dall’Italia portava cibo, abiti, speranza, calore, notizie e amore alle popolazioni ferite dalla guerra, così come l’accoglienza di famiglie intere nelle nostre case e nei nostri comuni e parrocchie.

Poi la pace di Dayton che ha fatto tacere le armi ma ha lasciato che continuasse il processo di radicalizzazione della divisione etnica e non ha offerto una spiraglio economico a questi territori distrutti. La soluzione politica imposta per fermare la guerra ha reso difficile un progresso sociale, politico ed economico in una società fatta di diverse componenti religiose e culturali.

Poi il silenzio. Sembra che l’Europa abbia rimosso i Balcani, la Bosnia, la Serbia, il Kosovo... dalle mappe e dalla memoria, quasi fossero parte di un altro continente.

Abbiamo percorso le strade che da Spalato portano a Mostar e poi a Sarajevo.

Attraverso l’incontro con testimoni diretti di quella tragedia abbiamo cercato di riflettere su due prospettive fondamentali anche per il nostro vivere odierno:

  • è possibile convivere nella diversità oppure la diversità è la causa di ogni violenza? Sarajevo, come Gerusalemme, è una città storicamente e spiritualmente multietnica e multi religiosa. In poche centinaia di metri raggiungi la sinagoga, la moschea, la chiesa madre ortodossa e la cattedrale cattolica. Perché l’uomo cerca in tutti i modi di cancellare le esperienza di convivenza e di dialogo privilegiando la divisione e il conflitto? Se sparirà Sarajevo con il suo spirito e la sua storia di convivenza l’umanità resterà mortalmente ferità e impoverita.
  • dopo l’uso della violenza e della guerra che genera una sofferenza immane e una ingiustizia sistemica è possibile immaginare dei percorsi di riconciliazione e di perdono? Uno sguardo al mondo e ai suoi conflitti sanguinosi di diversa matrice e natura ci porta necessariamente a considerare il dopoconflitto. Se non c’è un percorso di riconciliazione e di giustizia la vendetta è pronta a esplodere. 

Mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, che abbiamo incontrato una volta giunti nella capitale della Bosnia, ci ha donato questa riflessione: “Prima della guerra ritenevo che in certe situazioni l’uso della forza potesse servire ed essere consentito, e ho espresso questa mia convinzione anche pubblicamente. Durante il conflitto ho sperimentato il contrario: con la guerra non si costruisce, ma si distrugge anche ciò che prima si possedeva … Solo se le diverse componenti della società sono riconciliate e disposte a collaborare potremo anche condannare i colpevoli. Perciò dobbiamo cercare di perdonarci e poi purificare la memoria storica: un nodo dolente, perché qui abbiamo tante storie e interpretazioni. Per qualsiasi mio amico musulmano bosniaco i turchi sono i liberatori, per me sono gli aggressori. Gli austriaci per un bosniaco musulmano sono occupanti, per me no. Abbiamo diverse visioni, però ci dovrebbe unire il bene delle nuove generazioni e della nostra immagine davanti a Dio. Qui ogni popolo è stato vittima; se torniamo sempre lì non abbiamo futuro. In questo senso non possiamo pretendere solo giustizia, ma l'amore per l'essere umano e la sincera fede in Dio che ci chiede di amare. Se in Bosnia abbiamo convissuto per secoli e oggi non è più possibile, mi domando in quale Paese sia possibile."

L’iniziativa si è svolta dal 5 al 9 settembre 2013 ed ha coinvolto 60 ciclisti e 10 podisti, ai quali si sono aggiunti una decina di accompagnatori.

Questo l’itinerario:

  • primo giorno: Brescia - Mestre (ciclisti 185km), Brescia - Padova (podisti 146Km)
  • secondo giorno: Mestre - Cervignano del Friuli (105km) – trasferimento in pullman a Trogir (Croazia)
  • terzo giorno: Mimice - Mostar (150km) - da Trogir a Mimice in pullman Croazia: Mimice- Makrska, Gradac; Ploce, Opuzen, Metkovic; Bosnia-Herzegovina: CapljiniaKrucevici-Buna-Mostar
  • quarto giorno: Mostar - Sarajevo (140 km) Bosnia-Herzegovina:Mostar-Potoci-Jasenjani-Dolnja-Jablanica-Ostrozak-Konjic-Bradina-Hadzici - Sarajevo
  • quinto giorno: Sarajevo - Brescia.
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